Per il tumore, male oscuro del nostro secolo, si sono aperti squarci nel buio che inducono a dare sempre più credito alla ricerca, alle nuove cure e alla cultura della prevenzione primaria con ritrovata sensibilità sulle questioni ambientali e sul reale valore della salute dei cittadini. Ne parliamo con il medico oncologo e radioterapista autore di “Camici a sud”
Focalizzare l'attenzione su diagnosi precoce e cura è fondamentale ma non sufficiente, il vero traguardo consiste in una netta diminuzione dei casi di tumore e per raggiungere un simile obiettivo occorre rimuovere le cause ambientali del cancro ed evitare le esposizioni cancerogene, attuando politiche di riduzione dei rischi e delle emissioni industriali e promuovendo progetti di ricerca scientifica. La prevenzione primaria resta la strategia indispensabile per ridurre l'incidenza in crescita, limitando il contatto delle persone con tutti gli agenti chimici e fisici che sono in grado di favorire una malattia tumorale, partendo dai singoli, quando si tratta di abitudini e stile di vita e arrivando agli eletti, quando si tratta di scelte economiche e politiche. Ne parliamo con il dott. Maurizio Portaluri, medico oncologo-radioterapista, attento allo studio delle possibili cause dei tumori.
Per il tumore si sono aperti squarci nel buio che inducono a dare sempre più credito alla ricerca e alla cultura della prevenzione. Come e in cosa è cambiata la lotta ai tumori?
«La logica sottostante la lotta ai tumori non è cambiata, ci si interessa sempre più alla cura che alla prevenzione vera. Le cure sono significativamente migliorate ma i risultati hanno raggiunto un plateau che difficilmente potrà essere innalzato. Molte cure hanno oggi l'obiettivo di prolungare la sopravvivenza e in effetti tanti ammalati, che avevano fino a qualche anno fa una prognosi breve e infausta, oggi possono convivere a lungo con la malattia».
Cosa può dirci circa l'incidenza di molti tumori? Le persone affette da questo male sono sicuramente più curabili rispetto al passato ma i casi sono in aumento. Cosa si sta facendo sul fronte della vera prevenzione primaria?
«Sia l'incidenza, cioè i nuovi casi, sia la mortalità in Italia stanno diminuendo, la prima soprattutto al Nord, l'altra anche al Sud. Poiché le cause dei tumori sono principalmente ambientali, l'attenzione che si sta ponendo al contenimento dell'inquinamento da parte delle popolazioni certamente porterà i suoi frutti con il tempo. Non tutta la popolazione è ugualmente esposta ai pericoli ambientali: vi sono gruppi di persone che lo sono di più perché vivono vicino ad un'area industriale o contaminata, oppure vi lavorano. Una questione non adeguatamente valutata è l'impiego di pesticidi in agricoltura e quindi la loro presenza nei cibi. Sulla prevenzione primaria sono impegnate poche risorse, sia finanziarie che umane, e quindi il contrasto a comportamenti illegali è ancora molto debole. Si pensi che gli organi di controllo nei luoghi di lavoro sono dotati di pochissimo personale. Se si fa qualcosa per la prevenzione primaria si tutelano milioni di persone, se si avanza solo nelle cure si aiuta un numero molto inferiore di ammalati».
Negli ultimi anni la ricerca su personalizzazione dei percorsi, fattori di rischio, predisposizione genetica (come nel caso della mutazione dei geni BRCA), nuovi farmaci detti “a bersaglio” o “intelligenti”, nuove tecniche chirurgiche radioguidate e robotizzate, interventi mini-invasivi meno traumatici; ha suscitato grandi speranze ed aspettative per terapie più specifiche e meno tossiche in ambito oncologico, permettendo di combattere direttamente il tumore, risparmiando le cellule sane dell’organismo e diminuendo la tossicità. Cosa può dirci in merito?
«Uno dei problemi delle cure antitumorali è certamente la loro tossicità. Ci sono stati molti avanzamenti in questo senso. In radioterapia le nuove apparecchiature permettono di ridurre moltissimo le dosi agli organi sani e quindi anche gli effetti collaterali precoci ma anche quelli tardivi. Anche con i farmaci è possibile colpire selettivamente dei target molto selezionati e questo produce un effetto protettivo sugli organi sani».
Le città di Taranto e Brindisi sono unite nel destino e nella lotta contro le ragioni dell'impresa e del lavoro che prevalgono sulla salute pubblica. Cosa rilevano oggi le ricerche sui dati delle emissioni inquinanti e sull'emergenza tumori e cosa si sta facendo realmente dopo la vicenda civile ed industriale di Taranto?
«I tumori attraggono la nostra attenzione e le nostre preoccupazioni per l'allarme sociale che producono ma vi sono una serie di malattie che riconoscono cause ambientali e che non sono tumorali e sono forse più letali, più invalidanti e a volte del tutto inguaribili. Si pensi alle malattie respiratorie e cardiologiche dovute al particolato atmosferico al quale recenti ricerche attribuiscono anche effetti sul metabolismo.
I pazienti diabetici stanno aumentando e le complicanze del diabete sono serie ed invalidanti. E' solo colpa dell'alimentazione? Sembrerebbe di no.
I dati sanitari di Taranto sono decisamente più gravi di quelli di Brindisi e richiedono interventi riparativi e soprattutto preventivi, perché chi ha subito un danno purtroppo dovrà fronteggiarlo con i mezzi della medicina che non sempre sono risolutivi, mentre qualcosa si può fare per chi non si è ancora ammalato».
Con il suo libro "Camici a Sud" torna ad occuparsi di Sanità alla luce delle politiche di austerità che hanno reso sempre più difficile l'accesso alle cure per i pazienti. In definitiva, la nostra sanità è sana o malata? Il nostro è ancora un servizio pubblico in grado di instaurare una reale e autentica relazione d'aiuto fatta non solo di sterili numeri e bilanci?
«Il nostro servizio sanitario è ancora uno dei più avanzati del mondo come copertura della popolazione ma sta subendo, da venti anni a questa parte, attacchi che ultimamente sono diventati sempre più insistenti anche a causa delle attuali politiche della Comunità Europea. Direi che quella che si salva ancora è la medicina d'urgenza che funziona ed assicura assistenza a tutti, per il resto si stanno insinuando nel servizio pubblico elementi di privatizzazione che lasciano scoperti i settori più poveri della popolazione, i quali non possono pagarsi neppure parzialmente le cure. Vi sono inoltre fenomeni corruttivi che non sempre vengono denuciati e contrasti. E' un momento difficile, molto simile a quello che sta vivendo il mondo del lavoro, sarebbe necessaria una vigorosa resistenza democratica a questa deriva privatistica della sanità!»