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Aspettando Natale/Baccalà e bocconotti per l´Immacolata

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

4
DIC
2015

Archiviate le feste di Santa Caterina, di Santa Bibiana e oggi, 4 dicembre, di Santa Barbara, continuando il nostro percorso alla ricerca delle tradizioni natalizie del Tarantino, ci soffermeremo in particolare sulla festività in calendario l’8 dicembre

 

Intanto dobbiamo registrare che il 25 novembre scorso, festa di Santa Caterina, su Taranto e provincia il tempo è stato piovoso il che dovrebbe far concludere che anche a Natale avremo la pioggia, così come recita un proverbio dialettale tarantino citato nei precedenti servizi.

Speriamo che questa volta il detto proverbiale venga smentito da condizioni meteorologiche diametralmente opposte rispetto a quelle del 25 novembre scorso.

Il 29 novembre scorso i confratelli dell’Immacolata hanno trasportato la storica statua della Vergine dalla Chiesa di San Michele in via Duomo, dove è esposta alla venerazione per l’intero anno, nella Cattedrale di San Cataldo dove si è svolta la novena in preparazione alla festa. La statua è stata festosamente accolta dai bambini della Città Antica di Taranto e prima di entrare in  Cattedrale sono stati liberati verso il cielo un centinaio di palloncini bianchi e azzurri ed è stato offerto lo spettacolo del volo dei bianchi colombi.

Intanto dobbiamo ricordare che nel passato la Novena si svolgeva anche a carattere popolare nei numerosi archi e slarghi della Città Antica di Taranto. Qualche giorno prima dell’inizio della Novena le pareti di queste parti dell’antica città venivano imbiancate, si provvedeva ad illuminare e ad addobbare le varie edicole votive. Ogni sera al tramonto un gruppetto di musicanti si recava nelle varie piazzette dell’antica città per intonare l’inno “O Concetta Immacolata” composta dal padre francescano Serafino Marinosci di Francavilla Fontana ma che soggiornò anche nella Chiesa di San Pasquale a Taranto.

L’inno veniva cantato da grandi e piccoli e al termine venivano suonate le litanie cantate in un “latinorum” in cui erano più gli strafalcioni che le parole rispondenti al testo latino. 

Il breve rito, preceduto dalla recita del Rosario, guidato dalla persona più anziana della zona si concludeva con l’esecuzione musicale delle note della Pizzica-Pizzica, che non aveva nulla di sacro, ma che serviva per ricondurre l’atmosfera alla gioiosità festiva. Il noto pittore tarantino Nicola Giudetti ha ricordato nel libro già citato “Natale con i tuoi” che durante la sua infanzia in occasione della Novena nel vicoletto fece trovare una gatta morta nel trombone del povero bandista, dispetto che suscitò sonore risate tra i presenti, ma anche l’immancabile ira da parte del malcapitato, vittima di uno scherzo terribile.

La vigilia dell’Immacolata ancora oggi a Taranto è caratterizzata dalla sveglia di buonora che vien fatta dalle bande cittadine che girano per i vari quartieri proponendo le pastorali tarantine, mentre nelle case si friggono di nuovo le squisite pettole, le frittelle povere che fanno la festa per tutti. Per l’occasione le pettole vengono offerte ai bandisti e ai vicini di casa ma in famiglia gli adulti non ne possono mangiare perché praticano il digiuno della Vigilia in onore della Madonna.

Si tratta di una consuetudine risalente al XVII secolo, ma che dalle nostre parti veniva praticata anche molto tempo prima. 

I nostri nonni pertanto dovevano accontentarsi di una semplice pagnotta azzima chiamata “mescetate”, ossia il cibo della Vigilia.

La mattinata della Vigilia dell’Immacolata vede ancora oggi un gran via vai di gente nei mercati e negli ipermercati ma soprattutto nelle pescherie della dogana in via Garibaldi. E già, perché per il Cenone della Vigilia dell’Immacolata il piatto tipico è quello dell’anguilla e del capitone e non solo.

Intanto a proposito del digiuno della Vigilia i tarantini così sentenziavano: “Chi non fa il digiuno dell’Immacolata e di Natale o è un turco o è un cane”.

Il pomeriggio veniva dedicato alla preparazione del pantagruelico Cenone al quale partecipavano i componenti della famiglia allargata, che vedeva sedute intorno alla mensa anche fino a trenta persone.

Il cenone è per i tarantini “sgranatorie”. Questo prevede antipasto a base di frutti di mare, broccoli lessati con l’olio e il limone, olive nere schiacciate, melanzane sott’olio e peperoni salati. I primi piatti prevedono, invece, lasagne con il capitone e pastina con le cozze cariche di pepe.

Ricco il menù dei secondi piatti con cefali arrostiti, anguille all’agrodolce, cozze fritte con l’uovo, cozze “arraganate”, seppie al forno e baccalà fritto. Ma non è tutto perché sulla tavola imbandita si preparano salsiccia e provolone piccante, frutta secca, castagne “del prete” e fichi secchi con le mandorle. Dopo tutto questo cibo c’è spazio per la frutta a base di mandarine, arance, mele, catalogna cimata, finocchi e sedano. Il dolce non può mancare ma è quello tradizionale dei dolcetti chiamati sannacchiudere e dei bocconotti alla Beatrice con l’amarena che molti tarantini andavano a comprare a Martina Franca dove ancora oggi risultano essere i migliori della provincia.

I tarantini chiamano le bevande di questo cenone con il nome di “Chiarenze” cioè vino, vermouth e rosolio, accompagnato da un buon caffè.

E per digerire? I tarantini generalmente bevono un amaro chiamato “stomatico” ma anche quando questo non faceva effetto era pronto “ ‘u sturature”: una abbondante dose, cioè, di sedano, finocchi e ravanello.

Dopo il cenone alcuni erano impegnati nel completamento del presepe, ma i più si riunivano intorno al tavolo e, riscaldati dal braciere, giocavano a carte o a tombola nella speranza che dal sacchettino uscissero i numeri presenti sulla propria cartella come, per esempio, 14 l’ubriaco, 18 il sangue, 21 la donna e 59 il prete.

Le origini del culto dei tarantini per l’Immacolata sono legate a due terremoti che si verificarono rispettivamente la notte del 7 dicembre 1710 e la notte del 20 febbraio 1743.n La città fu risparmiata dalle conseguenze del terremoto e i tarantini attribuirono il miracolo alla statua dell’Immacolata.

Nel 1943, nel secondo centenario del terremoto del 1743, l’Arcivescovo proclamò l’Immacolata patrona principale di Taranto insieme e con San Cataldo. Per questo motivo l’8 dicembre si svolge una grande processione dopo il pontificale dell’Arcivescovo alla quale partecipano l’intero Capitolo Metropolitano e tutte le Confraternite della città. La processione è accompagnata dalla banda che esegue le pastorali.

Un tempo tale processione si svolgeva di mattina, oggi si svolge di pomeriggio e interessa soltanto le strade della Città Antica. Parte dalla Cattedrale di San Cataldo e si conclude nella Chiesa di San Michele.

Nella toponomastica cittadina all’Immacolata è intitolata la postierla che si trova di fronte a Palazzo Galeota in via Duomo e una edicola votiva posta alle spalle dello stesso Palazzo. Invece nella Cattedrale di San Cataldo, sul soffitto, si trova una statua lignea dell’Immacolata che andò a sostituire l’antico soffitto che, nella seconda metà del Seicento, la notte di Natale si incendiò.

Nel Borgo Umbertino è intitolata all’Immacolata la centrale piazza cittadina tra via D’Aquino e via Di Palma. Nella stessa piazza si trova una statua dell’Immacolata dello scultore tarantino Francesco Paolo Como.

Da tarantina ai tarantini gli auguri di buona festa dell’Immacolata!

 

 



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