Ci sono uomini che vanno via in silenzio, che si allontanano dalla vita in punta di piedi, ma che continuano a vivere negli insegnamenti impartiti, negli esempi dati, nelle parole scritte e pronunciate, nelle passioni coltivate.
In questi giorni migliaia di ragazzi in tutta Italia hanno affermato, gridato a gran voce, cantato, ma anche sussurrato “gli uomini passano, ma le loro idee restano e continueranno a camminare sulle nostre gambe”, ricordando due grandi magistrati che sono andati via, loro malgrado, con il rumore assordante di una deflagrazione, ma che nel silenzio hanno seminato il loro pensiero, la loro coerenza, il loro valore per la giustizia e la legalità: ”ossigeno di uno stato democratico”.
Con la loro vita, e soprattutto con la loro morte sono diventati maestri: guida per gli altri.
Maestri che la cronaca, gli eventi hanno fatto conoscere a molti, a tanti, tantissimi, varcando, anche, diversi confini.
Tutti i maestri lasciano un segno, i maestri che educano, che elevano, che hanno a cuore la persona che gli è stata affidata, prima ancora degli insegnamenti da impartire.
Il grande Edmondo De Amicis diceva: “pronuncia sempre con riverenza questo nome, maestro, che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo”.
Ho sempre pensato che i ragazzi, in classe, respirano, prima ancora di vivere e percepire, il bene che si vuole loro, l’interesse, la passione, l’empatia, la capacità di trasmettere amore e sapere, spendibili per e nella la vita.
Maestro etimologicamente ci conduce alla parola latina magis: più.
E alcuni, lo sono più di altri, ed è vero, è proprio vero, se dopo tanti, tanti anni, nel momento della dipartita, quando è suonata l’ultima campanella, tantissimi alunni sentono di non poter non salutare per l’ultima volta il loro maestro, sono uomini e donne che hanno più di sessant’anni, ma ci sono anche quelli dell’ultima leva, con “soli” trent’anni.
Quelli del 1961 non possono non lasciare traccia del loro pensiero e scrivono: “Averti avuto come maestro è stato un privilegio. Grazie per aver contribuito a farci diventare uomini migliori”.
Sono lì e penso a quante generazioni conservano l’impronta del maestro, quanta storia personale quanta di un paese intero. Vedo anche le lacrime e la tristezza per un cuore e una mente ricca che va via, per un punto di riferimento, una guida, che non c’è più.
Quella tristezza su un volto riconoscente mi fanno tornare in mente le parole che ho sentito pronunciare da Paolo Crepet: “…d'altra parte ho sempre pensato che la professione dell'insegnante non sia e non debba essere un mestiere per chiunque”….ma, solo e soltanto, per chi è capace di diventare ed essere maestro, come te, zio Marco.