Un caffè scientifico letterario per analizzare la bellezza, condotto da una giovane talentuosa di origini tarentine, Flavia Piccinni. Quando il bello è mistificazione, oltraggio e denigrazione
Flavia Piccinni, scrittrice di livello nazionale, legata alla città dei due mari per le origini tarentine dei suoi genitori, giorno 21 ottobre, presso il Municipio di Taranto, Sala degli Specchi, ha presentato il suo ultimo libro “Bellissime” (edito da Fandango Libri, 2017). Va subito premesso che il successo del testo non è da ricercare solo nelle vendite ma, soprattutto, per il fatto che ha anche generato due interrogazioni parlamentari e ha suggerito un disegno di legge. E’ stata un’esperienza unica, praticamente un caffè scientifico, organizzato e condotto dalla Fondazione BRF Onlus. Si è parlato di bellezza, parlandone sotto l’aspetto psichiatrico, psicologico, psicopatologico, filosofico e teologico. Sono intervenuti Armando Piccinni (padre di Flavia, nonché psichiatra di livello internazionale), Donatella Marazziti, Alberto Carrara, Guido Traversa e Claudio Bonito. L’evento si è svolto con il patrocinio della Regione Puglia, assessorato all’industria del turismo e della cultura, dei Presìdi del Libro e del Presidio del Libro di Taranto Rosa Pristina. Un libro inchiesta che analizza “le bambine bellissime”, quelle che vediamo nelle pubblicità o nelle sfilate. Un argomento decisamente sottovalutato nel secolo scorso, oggi, soprattutto nel giornalismo, si sta molto attenti con l'uso di immagini di minori (carta di Treviso). Abbiamo dialogato con Flavia, non dimenticando l'altissimo profilo degli altri relatori, serbando ogni briciola dei suggerimenti di papà Armando, partito da Taranto, già ufficiale superiore della Marina Militare, alla volta di Pisa, per un impegno utile alla nazione intera.
Flavia mette in evidenza il canone della bellezza infantile, i sorrisi e quello che possono produrre nell’osservatore.
“Mi domandavo il perché del mio stupore, davanti alla bellezza. La bellezza è ben altro rispetto a ciò che vediamo. È anche una sfumatura dello spirito, un equilibrio precario e magico della mente. Sono giunta ad una conclusione che la bellezza possa essere follia”.
C’è poi la bellezza dei luoghi che viviamo, seppur per pochi momenti.
“Taranto, per esempio: lo vedi subito che è bella, ma capisci anche, nell’immediato, quanto sia misteriosa. Il mare della Taranto Vecchia, i pescherecci “parlanti” (le voci dei pescatori), i loro colori, miscelati alle reti e ai pesci. Taranto, bella mentre Ti passeggiano, in centro, i tuoi cittadini, specchiandosi nelle vetrine dei negozi più eleganti, con l’occhio attento ai dolci delle pasticcerie. Per me, la bellezza di Taranto, è il sorriso di mia nonna che, in fondo a via Di Palma, avanza con il suo passo fiero, elegante, tutto tarantino.
E poi la Taranto venduta, quasi una meretrice del suo corpo, ma che vuole gridare che per liberarsi”.
Tornando al libro, ci piace riprendere delle frasi di Lorella Zanardo, che danno ancor più significato a quanto testimoniato da Flavia.
“C’è stato un momento in cui il corpo delle donne è stato scomposto nelle sue parti. Adesso sta accadendo lo stesso per le bambine. Purtroppo non si tratta di una demonizzazione gratuita, perché le eccezioni ci sono e vanno difese, ma di una riflessione che dovrebbe essere allargata e coinvolgere le madri, i padri, le autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. La fotografia di una bambina in posa seducente coinvolge lei, ma non solo. L’elaborazione di un immaginario condiviso porta ad alzare ogni volta l’asticella – quella dell’esposizione corporea, della tolleranza, dell’assuefazione – un po’ più su”.
Il possibile utilizzo di queste immagini nel dark web”, che fa sorgere a Flavia Piccinni una serie di domande: “Chi tutela l’immagine di questi bambine? Chi tutela la loro esposizione? Esiste un limite? Qual è questo limite? E, soprattutto, siamo davvero sicuri di non averlo oltrepassato?”. Conclusioni. Il resto lo troverete nel libro (vale la pena leggerlo).
“Una bambina vestita da angelo con una gamba nuda che spunta da una gonna di seta. Un’altra con le labbra rese turgide dal gloss. Un’altra ancora con le guance rosa, e lo sguardo lascivo. Sono alcune delle pubblicità che ho trovato su una rivista patinata, e che raccontano come l’ipersessualizzazione infantile sia sotto gli occhi di tutti, continuamente. Ormai, però, abbiamo imparato ad accettarla, dicendoci: è solo pubblicità, è solo una sfilata, sono delle baby modelle”.
E poi, l'immancabile Taranto del dolore.
"La bellezza di Taranto è una bellezza che va salvata, tutelata, riscoperta. Per farlo è oggi più che mai necessario uscire da un clima di confronto aspro e fine a se stesso, che non consente alcuna riflessione ma pone i cittadini davanti a un bivio anacronistico e insostenibile: lavoro o salute. Ho perso amici, parenti e conoscenti di tumore. La bellezza di Taranto può e deve essere una guida, uno strumento per emanciparci dal ricatto in cui la città e gli abitanti vivono più o meno consapevolmente dagli anni Sessanta, quando la fabbrica venne costruita. Imparare a guardare la bellezza è un esercizio da fare ogni giorno: studiare il profilo della città, esercitare il cambiamento secondo i propri piccoli mezzi, è la forma di riscatto principale e più pratica, più utile, più immediata dal mio punto di vista".