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I vaccini che hanno salvato milioni di vite

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

30
NOV
2020

Era il 1957, l’anno in cui il virus A/Singapore/1/57H2N2 scatenò l’epidemia di influenza asiatica, e Maurice Hilleman, capo del dipartimento per le malattie respiratorie del Centro medico della difesa americana, voleva vederci chiaro. Con il suo teamisolò il virus e lo analizzò, si trattava di un ceppo nuovo, potenzialmente catastrofico, tanto da uccidere circa due milioni di persone in tutto il mondo. Riuscì a creare un vaccino e a distribuirne 40 milioni di dosi in tutto il Paese. Fu soltanto una delle scoperte del microbiologo americano, padre di vaccini contro oltre 40 agenti infettivi, sette dei quali, morbillo, orecchioni, rosolia, epatite B, varicella, meningite e batterio emofilo dell'influenza b, si troviamo nel calendario dei vaccini obbligatori.Il padre dell'immunizzazione fu Edward Jenner, un medico di campagna che intuì come sconfiggere la piaga del vaiolo che, nell'Inghilterra del Settecento. L'unico palliativo noto era la variolizzazione, un sistema rudimentale col quale i medici trasmettevano alle persone sane una forma più lieve di vaiolo, soffiando nelle loro narici le croste polverizzate dei malati o deponendo il pus delle piaghe infette su un graffio profondo. La variolizzazione era pericolosa perché diffondeva il contagio impiegando un virus umano vivo, attenuato in modo artigianale. Jenner notò che i mungitori erano immuni al vaiolo se sulle loro mani erano comparse delle piaghe, simili a quelle vaiolose e uguali a quelle che a volte spuntavano sulle mammelle delle mucche.  Nel 1796, Jenner prese James Phipps, il figlio di otto anni del suo giardiniere, e gli innestò il pus estratto dalle pustole di Sarah Nelmes, una mungitrice che aveva contratto il vaiolo bovino. Il ragazzino ebbe un po' di febbre, ma in due giorni guarì, due mesi dopo, il medico lo variolizzò, esponendolo al virus, James non sviluppò alcun sintomo.Dopo due anni e altri 23 esperimenti, Jenner fu il primo a dimostrare scientificamente l'efficacia antivaiolosa di quello che ribattezzò vaccino, inteso come derivato dalla vacca, aprendo così la strada alle attenuazioni di laboratorio di Pasteur Era il 1885 quando nel laboratorio parigino del chimico e microbiologo francese Louis Pasteur entrò Joseph Meister, un bambino di nove anni accompagnato dalla madre. Arrivavano da un villaggio dell'Alsazia: cinque giorni prima, il piccolo era stato azzannato più volte da un cane idrofobo. Per la medicina dell'epoca Joseph non aveva scampo, per questo il suo medico, un fan degli studi di Pasteur sulla rabbia, lo aveva mandato da lui. E lo scienziato somministrò al bambino il suo trattamento antirabbico.Era la prima volta che lo sperimentava su un essere umanodopo 12 iniezioni e due settimane a letto, Joseph si alzò, guarito. E dire che quella sorprendente invenzione era nata da un errore, sei anni prima, mentre studiava il colera dei polli, aveva inoculato per sbaglio nelle sue cavie alcuni batteri indeboliti, perché rimasti fuori dal terreno di coltura. I fortunati volatili avevano sviluppato sintomi molto lievi della malattia e quando Pasteur aveva somministrato loro batteri vivi, non si erano ammalati. Si sviluppò il meccanismo alla base dei moderni vaccini attenuati, con un batterio o un virus indebolito in laboratorio, si poteva provocare una malattia più leggera che non danneggiava il paziente e lo rendeva immune alla versione più aggressiva del male. Procedendo per tentativi Pasteur scoprì che, a mano a mano che la materia cerebrale infetta delle sue cavie seccava, il virus in essa contenuto perdeva forza, diventando innocuo nel giro di due settimane. Polverizzata e allungata in acqua, la poltiglia di cervello e virus indebolito si era trasformata nell'intruglio salvavita somministrato a Joseph. Pasteur lo chiamò vaccino, in onore del suo precursore inglese Jenner. Emile Roux creò il primo rimedio contro la difterite, aveva scoperto che il batterio produceva una tossina che attaccava la gola dei malati e la faceva gonfiare, soffocandoli. Con le ricerche del microbiologo prussiano Emil von Behring si mise a punto una cura, usando il siero sanguigno ricco di qualità antitossiche di un cavallo reso immune alla difterite.Fu però von Behring, grazie all'aiuto dell'immunologo Paul Ehrlich e delle sue teorie sugli anticorpi, a dare fondamenta più solide al suo studio e a ricevere il Nobel per la medicina, e il titolo non ufficiale di pioniere della moderna sierologia. Anche se l'effetto protettivo del siero si esauriva in una ventina di giorni, la sieroterapia si affermò come terapia di emergenza per altre malattie, dal tetano all'influenza spagnola e oggi, con gli stessi criteri di emergenza, è usata un'altra frazione del sangue su malati con sintomi gravi di Covid-19. Dopo la Seconda guerra mondiale si diffuse l’epidemia da poliomielite. Il poliovirus, identificato nel 1949, colpisce il sistema nervoso centrale e i neuroni motori del midollo spinale. Il primo vaccino, fu messo a punto dallo scienziato statunitense Jonas Salk, conteneva virus inattivato e, invece di causare la malattia, stimolava gli anticorpi a difendere l’organismo in caso di contagio.Venne soppiantato pochi anni dopo dal vaccino con virus attivo attenuato del virologo polacco Albert Sabin. Più economico e semplice da somministrare, a gocce su una zolletta di zucchero, quello di Sabin fu l'arma letale antipolio usata nelle vaccinazioni a tappeto partite dal 1962. Salk, il cui vaccino è in uso in Italia, morì nel 1995, mentre cercava un vaccino contro l’Aids. Un decennio prima era cominciata la vera rivoluzione nello sviluppo dei vaccini, scandita dall'avvento della biologia molecolare, delle tecniche di manipolazione del Dna e dello studio di ogni minima informazione contenuta nel Dna delle cellule dei microrganismi.Attualmente i vaccini vecchi sono stati migliorati, mentre i più recenti sono in grado combattere e sconfiggere malattie nuove e letali come Ebola. E adesso il mondo aspetta il vaccino anti-Covid.



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