MARIA PIA ROMANO
Il tratto principale del tuo carattere?
«La tenacia. Che poi è l’unica arma vincente di chi non ha Santi in Paradiso».
Il tuo principale difetto?
«Sono impulsiva: devo dire a tutti i costi quello che penso e mi si legge in faccia quello che mi passa per la testa. Secondo alcuni è un pregio, per me la totale assenza di diplomazia a volte è un difetto».
Se potessi cambiare qualcosa in te?
«Fisicamente ho imparato ad accettarmi, ma poiché ho sempre adorato le donne alte, direi che mi “regalerei” dieci centimetri per arrivare a essere 1,78 m.
Se potessi cambiare la mia testa, farei entrare un po’ più di numeri e di formule, con la loro sobria e armoniosa eleganza. A volte trovano poco spazio, mentre la poesia dilaga…»
Se potessi cambiare qualcosa in Italia?
«Non saprei da dove cominciare! Forse aiuterei quelli come me: che a trenta e quarant’anni ancora navigano a vista. Restare senza lavoro a cinquant’anni è tragico, ma non poter avere una famiglia perché la vita te lo impedisce non è da meno. Noi siamo quelli che lavorano a progetto e a prestazione professionale e non possono chiedere il mutuo alla banca. Noi siamo quelli che scelgono di non avere figli, perché non abbiamo abbastanza soldi. La gavetta? Per noi è iniziata a diciott’anni e non è mai finita. Qualcuno sposta le barche in Grecia per non dichiarare, noi facciamo a gara per trovare l’offerta del traghetto per la vacanza low cost».
Chi e cosa avvelena l’Italia?
«La mancanza della cultura della legalità, ad ogni livello. I furti li hanno fatti in tanti, ma a pagare sono sempre i poveri cristi. Il nostro è un Paese in cui i grandi truffatori restano impuniti e ricchi e potenti, i ladri di galline finiscono in galera».
Chi e cosa la salva?
«La bellezza del coraggio delle persone oneste, che sono tante, nonostante tutto.
E la cultura della conoscenza, a cui attaccarci oggi più che mai, per sentirci vivi».
Indignata o rassegnata?
«Indignata silenziosamente. Ora scrivo più che scendere in piazza. Che poi è un modo comunque di disporsi al cambiamento».
Stato d’animo attuale?
«Una solarità sfrenata. Adoro l’estate, il mare, le immersioni».
Canzone preferita?
«Una sola? “Hotel Supramonte”, De Andrè. Se avessi potuto dirne altre non avrei dimenticato “Ballata per quattro stagioni”, di Graziani, “Un uomo” di Finardi e poi ancora Cat Stevens, James Taylor, CSN».
Cosa c’è sul tuo comodino?
«I libri che sto leggendo, quelli che leggerò (leggo più di un libro alla volta), il libricino di preghiere del Bambino Gesù di Praga che ho da quando ero piccolissima, un cavalluccio marino di legno scolpito a Cuba».
La cosa di cui vai più fiera?
«Il fatto che, in un modo o nell’altro, faccio sempre e solo quello che mi piace».
E quella di cui ti penti di più?
«Mi pento di non aver dato l’anima per tempo a Maxwell, Cauchy, Otto e Mollier. Ora è un po’ pesante, ma sempre affascinante».
In quale personaggio storico ti reincarneresti?
«Andando molto indietro nel tempo, direi Cleopatra».
Quale mestiere ti sarebbe piaciuto fare?
«Quello che faccio era il mio sogno. Se dovessi dirne un altro direi la biologa marina».
Oggetto talismano?
«Non ne ho».
Oggetto del desiderio?
«I desideri li porto dentro. Che sono anche più pericolosi».
L’ultima zingarata?
«Non ho mai smesso di essere zingara nell’anima…».
Cosa ti fa più ridere?
«Tutto quando ho la luna giusta!».
Cosa ti fa più paura?
«La malattia delle persone che amo».
Luogo del cuore?
«Otranto.»
Meglio un giorno da futurista o cento da crepuscolare?
«Direi un mese da poetessa ermetica».
Un compagno di viaggio ideale in auto da Roma a Taranto?
«Mio marito se mi facesse ascoltare i miei cd invece di farmi subire le stazioni radiofoniche e gli spot».
Secondo la legge del contrappasso, quale sarebbe la tua pena più grande?
«Potrei essere sommersa a tutte le ore di pagine da leggere tanto da sentire la testa scoppiare».
Cosa non manca nel tuo frigo?
«Frutta, verdura, succhi di frutta e yogurt».
E nell’armadio?
«Ho un po’ di tutto. Ma comunque ho più libri che vestiti!».
C’è qualcosa che dici in privato e che neghi in pubblico?
«Non c’è. E se ci fosse non lo direi...in pubblico!».
Maria Pia Romano, scrittrice, dice di sé: «Sono un ingegnere mancato, una giornalista per vocazione e per condanna, imparo ogni giorno il passo giusto per accordare il mio ritmo a quello del mondo. Scrivo molto e leggo di più. Ho trentasei anni all’anagrafe, ma mi sono convinta di averne ventisei, in modo da non sentirmi in ritardo verso la vita. Nuoto, amo il mare e le immersioni subacquee. Sott’acqua ho trovato anche mio marito. E poi ho scoperto che mi sopporta anche fuori dal grande blu. E questa è una cosa molto bella, perché avere a che fare con un Aquario (dicono che in astrologia si preferisca senza c!) come me non è sempre semplice, dipende dalla Luna. Dire altro, sarebbe….inutile!».