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LIBRI/ LA MIA FORMULA DELL´AMORE

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

12
MAG
2016
A San Vito per presentare il best-seller che sta scalando le classifiche nazionali, Simona Sparaco ha incantato tutti, attraverso la storia di Lea e dei suoi sentimenti contrastanti tra due uomini che, seppure in modi differenti, le hanno fattobattere il cuore
Da settimane c’è un libro che troneggia nei posti più alti delle classifiche di vendita, il cui titolo si mormora di voce in voce, divenendo quasi una sorta di passaparola.
Il romanzo in questione è “Equazione di un amore” e ad aver catturato a tal punto l’attenzione dei lettori è quella formula di Dirac secondo cui due sistemi che hanno interagito tra di loro per un certo periodo di tempo continueranno a influenzarsi a vicenda anche a chilometri di distanza. A far eco a questa affascinante teoria vi è una storia mozzafiato, tre protagonisti dal fascino indiscusso e un’autrice, Simona Sparaco, destinata a restare a lungo tra i nomi più amati della letteratura italiana contemporanea.
Del resto, se non bastasse il romanzo a conquistare la curiosità dei lettori, basta conoscere Simona per rimanerne completamente affascinati.
Simona è un concentrato di carisma e simpatia, una donna dalla innata capacità espressiva, da cui traspare una forte emozione che – racconta – resta immutata anche dopo decine, centinaia di presentazioni. Dovrebbe esserci abituata e invece ogni volta resta quasi sorpresa dall’amore che il pubblico le riserva.
Non ha fatto eccezione la presentazione del libro tenutasi qualche giorno fa nella meravigliosa, e gremita, sala dell’Hotel Residence Tursport di San Vito, frazione di Taranto di cui l’autrice è originaria. A curare la presentazione, Carmen Ture, manager della struttura, Onofrio Lattarulo, presidente della Pro Loco di San Vito e Vito Marzo. A chiacchierare con lei la suadente voce del giornalista Leo Spalluto, accompagnato dalle note del musicista Paolo Convissuto.
Simona, nei tuoi libri hai raccontato le varie tipologie d’amore, spesso anche controverso. In quest’ultimo caso lo esplori davvero fino in fondo, raccontando i turbamenti di Lea e la sua difficoltà nello scegliere tra l’uomo affidabile e sicuro e quello più complicato e struggente, o – come li definisci tu stessa – tra l’uomo roccia e l’uomo poeta. La tua scrittura, tra l’altro, appare molto più liberatoria, quasi di getto, più disinibita.
«In quest’ultimo romanzo ho sentito come la necessità di raggiungere una maggiore maturità nell’ideare e nello strutturare delle storie in maniera più libera e senza tabù. Anche il sesso è affrontato in maniera più fluida, senza vincoli. Persino nella sua accezione violenta, perché nel caso di Giacomo e Lea si riscontra una certa violenza, che tuttavia fa parte della passione, del loro modo di amarsi».
Il romanzo ha avuto subito un eccezionale riscontro, arrivando a essere tra i libri più venduti in Italia. È da molto che stavi maturando l’idea di scrivere una storia come questa, che arrivasse così facilmente al cuore della gente?
«Ho iniziato a pensarci un po’ di tempo fa, dopo che per caso mi ero ritrovata a riflettere su quella che Michele Serra definisce Sindrome dello Sguardo Basso: ero in un ristorante e tutto ciò che vedevo intorno a me erano persone sedute sì allo stesso tavolo, ma ognuna persa dentro al proprio nuovissimo cellulare. Scattavano foto alle pietanze prima di mangiarle e chattavano di continuo. Ho iniziato a riflettere sulla piega che sta prendendo il mondo e ho sentito il bisogno di scrivere una storia che invece vivesse di emozioni e, soprattutto, mettesse in evidenza il contrasto tra la fredda e rigorosa Singapore, e la caotica e frenetica Roma. Questo è, infatti, un romanzo di dualismi: quello fra le due città, così come quello tra i due uomini, Vittorio e Giacomo. Potremmo dire che Vittorio è Singapore, mentre Giacomo è senza dubbio Roma. Per quanto riguarda, invece, i tempi di stesura vi svelo una piccola curiosità: impiego sempre nove mesi per scrivere ogni mio romanzo. Sono delle vere e proprie nascite».
Visto che l’amore è il tema centrale delle tue storie, quanto conta nella tua vita?
«Nella mia vita di scrittrice tantissimo e nella mia vita di donna forse ancora di più: l’amore per la famiglia, per mio figlio, e soprattutto l’amore per tutto ciò che faccio. Penso che l’amore, anche per le più piccole cose quotidiane, renda la vita degna di essere vissuta. Senza di esso non si va da nessuna parte. È la chiave per essere sereni».
In “Equazione di un amore” a un certo punto la storia diventa un romanzo nel romanzo. Quando parli del “Diario di un expat”, il libro di Lea, si possono trovare diverse analogie tra Lea, appunto, e Amelia, il suo personaggio. Allo stesso modo ti chiedo: se c’è un po’ di Lea in Amelia, quanta Simona c’è in Lea?
«Ce n’è tanta. Abbiamo tante cose in comune, a partire dall’aver vissuto entrambe a Singapore. Poi abbiamo anche dei lati che si differenziano: Lea ha un aspetto più masochista nell’inseguire delle cose sbagliate, io invece sono più razionale, mi fermo prima; e soprattutto sono più orgogliosa. Di Lea mi ha affascinato in primis la sua similarità nei miei confronti, e subito dopo anche la sua diversità. Sembra difficile da credere, ma i personaggi a un certo punto della storia vivono di vita propria, prendono una piega inaspettata, come se scegliessero da sé il proprio destino. In molti casi io non avrei fatto come Lea. Si può dire però che sono presente nelle sue riflessioni, nel suo modo di interpretare qualcosa. Ciò che lei pensa di Roma e Singapore, fondamentalmente lo penso anch’io. Motivo per cui sono tornata indietro».
Si nota, infatti, un tuo grandissimo interesse per Singapore e per la cultura orientale in genere, ma ciò che appare con maggiore evidenza è la nostalgia di casa, l’amore per l’Italia. Penso anche a “Se chiudo gli occhi”, il tuo precedente romanzo.
«Ho avuto una bella famiglia radicata nel mio paese e lo abbraccia praticamente tutto, da Taranto all’Umbria, fino alle Marche. Io sono molto legata alla famiglia, mi sono sempre sentita più figlia che madre. Dunque anche nel mio percorso di crescita, nonostante io abbia avuto l’opportunità di girare il mondo, ho sempre avvertito il forte desiderio di tornare a casa».
“Equazione di un amore” ruota attorno alla teoria di Dirac, secondo cui se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, continuano a influenzarsi a vicenda, anche ad anni luce di distanza. Credi davvero che questo possa accadere tra due persone?
«Indubbiamente. Penso che quando si è amato qualcuno profondamente, anche quando questa persona non fa più parte della nostra vita, tornerà nelle piccole cose e influenzerà le nostre scelte».
C’è qualcuno del tuo passato – un vecchio amore, un’amica, un familiare – che ha influenzato fortemente il tuo modo di essere, che ti ha portato a essere la donna che sei oggi?
«Sicuramente i miei genitori. Li vivo molto nel mio presente e mi rivedo sempre più simile a loro, nel loro modo di affrontare la vita».
E nella scrittura?
«Nella scrittura in realtà non ho un solo punto di riferimento, ma diversi e soprattutto di autrici donne: Flannery O’Connor, Alice Munro e la contemporanea Margaret Mazzantini».
Sono una libraia, e non posso che chiederti: oltre ai tuoi, naturalmente, quale libro consiglieresti?
«Ho riletto da poco “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini. L’avevo letto per la prima volta in un periodo della mia vita in cui accusavo un po’ di stanchezza e non ho avuto modo di apprezzarlo pienamente; l’ho ripreso adesso e l’ho amato ancora di più. Credo sia  importante a volte rileggere dei libri che ci hanno lasciato qualcosa, perché ogni volta ci donano qualcosa in più».
 


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