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FERMIAMO L´EUROSTERMINIO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

22
NOV
2013
Era l’1 gennaio dell’ormai lontano 2002 quando, a tutti gli effetti, abbiamo salutato con più o meno entusiasmo l’utilizzo della moneta unica europea. Tra poco si celebrerà il dodicesimo anniversario ma non sarà certo una festa perché, e questo è fuori di dubbio, i disastri provocati in molti Paesi aderenti all’area Euro, ed in particolare al nostro Paese, sono evidenti, conclamati e solo persone in perfetta malafede potrebbero negarlo. E di persone in malafede in Italia ce ne sono così tante che non rimane che l’imbarazzo della scelta. Qualche nome? Siccome non soffro della sindrome del servilismo acuto posso citare i vari Ciampi, Prodi, Monti, Letta e potrei continuare ma non mi basterebbe lo spazio dedicato alla mia rubrica. Come si stava nell’Italia della lira? E come si sta oggi nell’Italia dell’euro? Per tutti coloro i quali hanno la memoria labile o corta, scegliete voi, potrei dire che nell’Italia della lira fondamentalmente il Paese aveva una sovranità piena che, tra errori e disfunzioni, permetteva al nostro governo di decidere in autonomia le politiche monetarie di svalutazione o rivalutazione, di stampare nuova moneta, di agganciarsi alla moneta più conveniente, di svolgere cioè tutte quelle funzioni che non possono, e non dovrebbero, essere mai delegate ad organismi sovranazionali ipertecnocratici ed iperburocratizzati che fanno strame delle peculiarità dei singoli Paesi, curando unicamente gli interessi della BCE, del WTO e del FMI. Sigle vuote per molti di noi ma sigle che rappresentano il solo e vero governo mondiale del XXI secolo. Ma lasciando da parte le masturbazioni mentali sui massimi sistemi economico finanziari, ricordo che nell’Italia di ieri con 100 mila lire riempivo a dismisura il carrello della spesa al supermercato, oggi con cento euro a mala pena riesco a coprire il fondo del carrello. Il mio sarà giudicato un ragionamento volgare intellettualmente ma credo che alla gente reale, che non vive nei palazzi avulsa dalla realtà, arrivi più chiaro e diretto. E allora diciamolo, anzi gridiamolo, con tutta la forza di cui siamo capaci: fermiamo il genocidio di una intera generazione perpetrato dalla moneta unica! L’obiezione secondo cui l’uscita dall’euro è impossibile perché i trattati non la prevedono è infondata. La convenzione di Vienna stabilisce che un trattato può essere risolto, anche in assenza di clausole espresse, quando mutino i presupposti in base ai quali esso è stato concluso (è il principio rebus sic stantibus). L’attuale disastro fornisce una base giuridica sufficiente per un recesso. Lo ammette la stessa BCE in un documento del 2009. Torniamo a coniare nuovamente la lira, con cambio alla pari con l’euro ovvero una nuova lira uguale ad un euro. Questo provocherebbe ovviamente un nuovo riallineamento delle monete con una rivalutazione della moneta forte ed una conseguente svalutazione della moneta più debole (in questo caso la nuova lira) che restituirebbero respiro al nostro export con benefici effetti su produzione, occupazione e reddito. Si obietta che la svalutazione ci schiaccerebbe sotto il costo delle materie prime Non è detto. Secondo studi recenti, il riallineamento atteso è dell’ordine del 30%, distribuito lungo l’arco di almeno un anno. Certo, in capo a un anno le materie prime costerebbero un 30% in più. Ma le materie prime sono solo una componente del costo del prodotto finito. Ad esempio, il riallineamento del cambio non influirebbe sul costo del lavoro in valuta nazionale. E poi, mi chiedo, un imprenditore preferisce pagare un po’ di più le materie prime, ma ricominciare a fatturare, o essere «protetto» dalla valuta forte che però gli impedisce di vendere all’estero? I tanti suicidi cui abbiamo assistito e assistiamo danno una risposta fin troppo eloquente. Nel caso dei carburanti, il nostro nervo scoperto, la componente fiscale è preponderante. Per questo motivo solo un terzo di una svalutazione si tradurrebbe in un incremento del prezzo alla pompa. Con una svalutazione del 30%, l’incremento atteso del prezzo alla pompa sarebbe di circa il 9%, distribuito in più di un anno (ne abbiamo avuti di maggiori con l’euro). In conclusione l’unico Consiglio Europeo che vorrei vedere è quello nel quale si delibera lo scioglimento dell’area euro ed il ritorno alla nostra moneta. Riprendiamoci la nostra dignità di popolo e di Paese.
 


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