Vittima di stalking, ha trovato nella scrittura il mezzo per superare la violenza e riuscire a guardare avanti. Ora, grazie a lei, altre donne scoprono lo stesso coraggio
Quando si dice la forza delle donne. Sì, è proprio questo il caso, non il titolo di una canzone, non una frase fatta ma la pura realtà. Irene Losito, scrittrice, ghostwriter, editor, poetessa e firma di Extra, pone al centro della sua vita la comunicazione. Una donna forte, Irene, che alle prese con il suo libro di prossima pubblicazione “Stalker”, ci racconta quanto importante sia per lei aiutare le donne che hanno subito violenza.
Stai collaborando col centro anti-violenza donne di Taranto attraverso un laboratorio di scrittura “Donne in rinascita”. Di cosa si tratta?
«Il laboratorio “Donne in rinascita” in realtà non è studiato solo per coloro che hanno subito violenza; lo porto avanti con donne che hanno vissuto esperienze particolari che le hanno poste in condizioni di dover scegliere se crollare o rinascere. A seconda della sensibilità di ciascuna di noi, qualsiasi evento più o meno tragico della vita - come la fine di un amore, la perdita del lavoro, un tradimento - può alterare gli equilibri individuali, sino ad arrivare a metterli proprio in crisi. Quando ci si confronta con la realtà della violenza la situazione poi diventa ancora più drammatica perché pone la donna in condizioni di difficoltà non soltanto sul piano fisico e psicologico ma nella dimensione totalizzante del suo essere. La donna tende a mettersi in discussione, arriva persino a colpevolizzarsi, e in ogni caso si sente vittima di una realtà che la opprime. Da qui il sostegno del laboratorio che vuole essere una possibilità per lavorare su quel vissuto che talvolta non si riesce a rielaborare. La scrittura diviene l’opportunità per tirarlo fuori, così da poter arrivare a guardarlo prendendone le distanze. In questo modo arriva la consapevolezza che porta la donna a non identificarsi più in quel dolore e in quanto di orrendo ha subito. Il passo successivo è arrivare a ritrovare la fiducia e la forza per comprendere che proprio dentro di sé ha tutte le risorse necessarie per rinascere, sempre e comunque».
Come ti sei avvicinata a questa esperienza?
«Nel marzo del 2010 ho iniziato a essere vittima di stalking. Un’esperienza drammatica che solo chi ha avuto la sfortuna di viverla può comprendere in pieno quanto sia devastante e in grado di logorarti sino a distruggerti. Ci è voluto del tempo prima che mi decidessi a denunciare quanto subivo. In questo il centro antiviolenza si è rivelato prezioso. Una loro psicologa mi ha seguito per diversi mesi. Il cammino mi è servito per iniziare a vedere una luce al termine del lungo tunnel che stavo attraversando. Ed è poi arrivata quella consapevolezza che mi ha portato a voler denunciare. Sì, perché ci vuole consapevolezza e coraggio per riuscire a farlo. Consapevolezza che quell’inferno può avere un epilogo drammatico se non arginato per tempo. E coraggio perché i processi sono lunghi e bisogna affrontarli con una generosa dose di fiducia nella giustizia, lottando perché arrivi a trionfare. Qualche mese fa poi la stessa psicologa mi ha contattata, e abbiamo valutato l’opportunità di rivolgere questo mio laboratorio di scrittura alle donne che chiedevano aiuto al centro antiviolenza. I casi purtroppo sono in continuo aumento – e se prendiamo in considerazione il numero delle donne morte per violenza dall’inizio dell’anno c’è solo da mettersi le mani nei capelli…- e sempre più frequentemente accade che portino in cuore un vissuto talmente duro, e talmente doloroso, da non riuscire neppure a parlarne. Mi sento vicinissima a tutte queste donne, e non solo per una questione di sensibilità. Aver sperimentato personalmente cosa significhi sentirsi condizionata alla vita, quanto ti rendi conto che c'è un uomo che ha deciso di rovinartela, e quando dentro di te maturi la consapevolezza che è davvero pronto a distruggerti in un modo o nell’altro, mi aiuta a capirle profondamente. La loro ansia, la loro paura, il senso di solitudine che le assale sono parte di me».
Cosa stai scoprendo attraverso questa esperienza?
«Le donne che seguono il laboratorio hanno dentro la voglia di farcela a uscire da questo incubo ma sono spesso bloccate dalla paura di non riuscirci. Credono che la salvezza arriverà solo quando un tribunale avrà riconosciuto le colpe di quelli che sono stati i loro “carnefici”. Io continuo a dire che quella sarà indubbiamente una tappa importante della loro esistenza ma la vera “vittoria” sarà riuscire a prendere nuovamente le redini della loro vita e accettando di lasciare andare questo passato doloroso, tornare a guardare al futuro sorridendo. Le cicatrici che portiamo dentro non le cancella nessuno ma possiamo diventare più forti e dobbiamo ricominciare a guardare avanti».
Quale pensi sia il male di questa società?
«Credo che non sia assolutamente vero che abbiamo raggiunto la reale parità tra i sessi perché già in tante situazione della vita normale la donna deve faticare il doppio per essere riconosciuta brava la metà. Quando conseguiamo successi importanti, quando otteniamo riconoscimenti prestigiosi, spesso diveniamo un potenziale “pericolo” per certi uomini che sentono in qualche modo in crisi la loro posizione alla luce di una nostra presunta superiorità. E può capitare che questo alteri persino gli equilibri di coppia. Taluni uomini non riescono a vivere tutto ciò come punto di forza della coppia ma ne soffrono, sino ad arrivare a vedere la propria donna quasi come un nemico da combattere. In tanti altri casi di violenza invece, ci imbattiamo in uomini che hanno una vera e propria doppia vita, e quando la loro donna ne prende coscienza, reagiscono in maniera brutale. Alcune donne che subiscono violenza poi, non vengono credute, magari perché mogli di uomini che indossano una divisa e hanno alle spalle brillanti carriere; quindi ci si scontra con il problema devastante della diffidenza. Insomma, sicuramente ogni caso è a sé. Ma un filo conduttore esiste: la violenza è sempre sbagliata».
Come si possono realmente cambiare le cose?
«Dobbiamo avere il coraggio di denunciare a gran voce tutto quello che ingiustamente subiamo, portando in cuore la fiducia nella giustizia. E’ fondamentale essere seguite da un bravo legale. Io sono assistita dall’avvocato Massimiliano Madio che si occupa delle mie vicende con estrema attenzione e professionalità unica».
Si riesce a voltare pagina?
«Sono convinta di sì. Se Qualcuno ha scelto noi donne perché fossimo le custodi della vita un perché c’è: abbiamo una forza interiore immensa, sebbene troppo spesso la ignoriamo. E anche quando ci imbattiamo in chi vorrebbe frenare il nostro volo libero, riusciamo sempre a risollevarci e a tornare a credere che qualcosa di bello possa ancora accadere».