Due importanti novità: la nascita dell’impianto di prima trasformazione a Crispiano e l’ok alla produzione di cannabis terapeutica in Italia
E’ stato inaugurato nei giorni scorsi a Crispiano l’impianto di trasformazione della canapa. Si tratta del secondo impianto in Italia che coprirà tutto il centro-sud così come quello piemontese di Carmagnola (TO) copre tutto il centro-nord. Entrato in funzione dalla fine di agosto 2014, l’impianto trasformerà la canapa prodotta dai 250 ettari seminati in Puglia, Campania, Calabria, Abruzzo, Molise e Basilicata. La produzione (e di conseguenza la trasformazione) sono destinati a raddoppiare dal prossimo anno.
Ricordiamo che la vigente normativa consente solo la coltivazione di sementi iscritte in un apposito registro, munite di certificazione e che devono contenere un livello di THC (il principio attivo) inferiore allo 0,2%.
L’impianto di Crispiano rivestirà dunque un ruolo molto importante perchè consentirà l’agevole trasporto dal sud Italia del canapulo (altrimenti detto “legno di canapa”) e della fibra ottenuti dalla lavorazione delle bacchette di canapa nell’impianto tarantino. La fibra ottenuta sarà molto utile perchè verrà utilizzata nella bioedilizia. Dall’unione della fibra con la calce nasce un materiale di alta qualità, privo di sostanze nocive all’uomo e all’ambiente, la Calcecanapa, che serve all’isolamento degli edifici. I benefici sono tanti altri.
Vendola lo ha definito “un pezzettino di mondo nuovo” per i risvolti occupazionali, energetici e ambientali che la lavorazione e l’utilizzo della canapa può offrire sul territorio tarantino, pugliese e nazionale.
Pochi lo pensano e in pochissimi hanno il coraggio di chiamare tutto questo con il suo vero nome, lo diciamo noi: rivoluzione industriale. Eh sì, perchè se ci pensate bene, la canapa, con il pieno appoggio e la spinta delle istituzioni andrebbe a sostituire del tutto le inquinanti attività industriali e l’utilizzo del costoso petrolio. La canapa infatti potrebbe in futuro addirittura sostituire anche il carburante utilizzato oggi dalle automobili che a loro volta vengono costruite dai colossi del settore anche con la fibra di canapa.
Se pensiamo al territorio pugliese la svolta riguarderà anche l’agricoltura.
Avendo a disposizione un impianto di prima trasformazione, i costi per gli agricoltori pugliesi si riducono e di conseguenza avrà più senso (economicamente parlando) investire su queste piantagioni, predisponendone delle altre, creando e ampliando nuovi commerci e nuova economia in un territorio (come quello inquinato tarantino o quello della Terra dei fuochi per esempio) dove l’occupazione e l’economia e l’agricoltura ormai sono dei miraggi. Delle possibilità offerte dalla canapa non ne parliamo di nuovo, lo abbiamo già fatto nei precedenti articoli. Le applicazioni sono tante (oltre all’agricoltura) dal tessile al settore automobilistico, passando per la bioedilizia, l’alimentazione, l’ambiente, la medicina, la cura, la cosmesi, l’igiene personale e tanto altro.
Tuttavia per giungere a tali importanti obiettivi e per sviluppare quei campi di applicazione che già esistono c’è da sconfiggere un nemico ancora più ostico: il pregiudizio… che provoca il conseguente proibizionismo.
L’ex sindaco di Milano Letizia Moratti affermò che legalizzare l’uso della cannabis non rappresenterebbe un risparmio economico ma addirittura aumenterebbe la spesa sanitaria per “curare“ le persone che ne fanno uso. A nostro parere legalizzarla vorrebbe invece dire controllarne meglio la diffusione e magari anche risparmiare eliminando le spese di lunghi e spesso inutili processi provocati dall’infrazione della vigente normativa proibizionistica che provoca ulteriori spese per controllare il territorio e mantenere detenuti in carcere a costi molti alti.
Legalizzare non significa proibire ma vuol dire autorizzare facendo prevenzione, educando, informando sugli eventuali rischi cui si va incontro con l’eccessivo e lo sconsiderato consumo, controllando la quantità e la qualità prodotta, quella venduta (quindi consumata), predisponendo dove e come metterla in vendita. Il punto è proprio questo, non è tanto quello di legalizzare ma di predisporre una corretta prevenzione, educazione e riduzione del danno.
Se consideriamo che la vendita del tabacco e dell’alcool sono legali con l’unico limite rappresentato (nel caso dell’alcool) dall’età (16 o 18 anni) a partire dalla quale può essere venduto (o somministrato), tutto è legato alla coscienza di ogni individuo: vale per l’alcool, vale per le sigarette e varrebbe anche per la cannabis. Se per esempio in pochi minuti bevessimo una intera bottiglia di grappa e ci sentissimo male, ce la prenderemmo con la grappa? Diremmo che la grappa fa male? Se invece ci limitassimo a un semplice piccolo bicchiere non accadrebbe nulla. Lo stesso discorso varrebbe per la cannabis. Se ognuno di noi agisce con incoscienza non può certo dare la colpa a nessuno se non a sè stesso.
Detto questo, il fumo (attivo e passivo) fa male e provoca tumori e malattie respiratorie e non solo. E ci riferiamo anche al tabacco la cui vendita, come detto, è resa legale dallo Stato che ci guadagna (attraverso il Monopolio dei Tabacchi) e che allo stesso tempo informa (lavandosi la coscienza?) con un avviso su ogni pacchetto che provoca malattie. Ognuno è quindi libero di fumare nei luoghi dov’è consentito (rispettando chi invece non lo fa e non vuole nemmeno respirarlo il fumo) conoscendo i rischi cui va incontro fumando ed esagerando.
In altre parole, anche tabacco e alcool possono diventare una droga se vengono consumati in modo frequente e in quantità esagerate e di conseguenza possono provocare malattie e portare anche alla morte.
Naturalmente anche fumare cannabis, se fatto senza alcun limite, senza alcun controllo della pianta, può far molto male, sia molto chiaro. Sicchè nessuno si illuda che legalizzare debba significare autorizzare all’abuso perchè quello causa solo danni.
Ma cosa accade fuori dall’Italia ? L’Olanda è stata il primo Paese a liberalizzare la cannabis poi seguita dalla Spagna, dal Belgio e dal Portogallo con una liberalizzazione per così dire “limitata”. Fuori dall’Europa l’Uruguay è stato il primo Paese al mondo a legalizzare la cannabis in toto (produzione, distribuzione e vendita). All’inizio del 2014 negli USA è stata la volta del Colorado (dove il consumo è consentito a chi ha compiuto 21 anni). Nella capitale, Denver, sono nate avviatissime fabbriche che producono cioccolate a base di cannabis dette “barrette Colorado” e altre dove vengono prodotte sigarette non di tabacco ma di 100mg di THC cadauna e sigarette elettroniche con olio di cannabis. Vengono coltivate fino a 300 varietà di piante in apposite serre naturali e artificiali.
Nello Stato di Washington hanno autorizzato il consumo a uso ricreativo e sempre negli States nell’Oregon, in Alaska e in California si dovrà attendere l’esito di un apposito referendum.
La cannabis, come detto nei precedenti articoli, trova applicazione anche in campo medico.
In Italia, fino a pochi giorni fa, lo Stato consentiva le cure con farmaci a base di cannabis ma non autorizzava la produzione costringendo i pazienti bisognosi ad acquistarli fuori in altri paesi a costi altissimi (circa 35 euro al grammo e in alcuni casi anche molto di più).
La grande novità di alcuni giorni fa è il via libera dei ministri della Difesa Roberta Pinotti e della Salute Beatrice Lorenzin alla produzione della cannabis in Italia che porterà i farmaci cannabinoidi nel 2015 sugli scaffali delle farmacie che saranno di grande importanza per la terapia del dolore ai pazienti malati di hiv, di cancro e per la cura della Sla e di altre malattie.
L’unico limite è rappresentato dal fatto che la pianta, al fine di controllarne il prodotto, sarà coltivata nello stabilimento chimico militare di Firenze.
L’individuazione dello stabilimento come unico posto autorizzato alla coltivazione ha lasciato non pochi dubbi perchè si teme che lo Stato voglia in un certo senso “guadagnarci qualcosa”.
Saputa la notizia, l’Associazione no profit “La piantiamo! Cannabis Social Club Racale” della prov. di Lecce, che per anni si è battuta per il diritto alla cura dei malati con la cannabis ha ufficialmente chiesto un incontro con il ministro della Salute Lorenzin per conoscere i dettagli del progetto così come i costi al grammo, la composizione del prodotto finito e chi saranno gli interlocutori e gli “attori” del nuovo sistema. L’Associazione vorrebbe soprattutto proporre a livello nazionale il proprio progetto pilota già approvato dalla Regione Puglia il 22 Luglio 2014 che tra le altre cose prevede la produzione e la vendita di cannabis terapeutica al costo di 1,55 euro al grammo in modo da consentire a tutti di usufruire del farmaco. La stessa associazione nei mesi scorsi ha fondato insieme ad altre realtà pugliesi una Srl dal nome “Esile” per coltivare, confezionare e distribuire la cannabis terapeutica grazie a un sistema controllato e organizzato atto a evitare sprechi di denaro, a garantire la qualità del prodotto e, come detto in precedenza, l’accessibilità a tutti e a prezzi contenuti.
Dunque la battaglia antiproibizionista prosegue in Italia (e non solo) tra piccoli passi avanti e nel pensiero (il nostro e quello di tanti) che censura e repressione non servono a niente, anzi, provocano effetto contrario.
La formula è una: educare e lo si potrà fare solo liberalizzando nel miglior modo possibile, sia chiaro, per evitare che legalizzare venga (male) interpretato come ABUSARE.