Non ci sono ovviamente i 3000 lavoratori dell’appalto ILVA, ma nell’assemblea di ieri sera al Centro Polivalente dei Tamburi, convocata dalla CGIL insieme alle categorie FILCAMS, FILCTEM, FILLEA e FIOM, ci sono soprattutto i lavoratori che in questi difficili giorni tarantini hanno costruito insieme al sindacato la piattaforma rivendicativa che in parte si ritrova nel Decreto ILVA passato giovedì al Senato.
Noi siamo andati oltre la protesta delle imprese o la rivendicazione dei crediti pregressi – dice il segretario generale della CGIL, Giuseppe Massafra – perché il nostro intento era quello di conquistare una prospettiva, un vero strumento di salvaguardia per questi lavoratori.
Il riferimento di Massafra è alla clausola sociale inserita nel decreto che conferisce facoltà al Commissario di individuare un bacino di lavoratori a cui fare riferimento per i lavori di ambientalizzazione e proseguimento produttivo.
In questo clima di vuoto e incertezza, con un piano industriale pressoché inesistente e le notizie che provengono da dentro l’ILVA, comprese quelle relative allo spegnimento anticipato dell’AFO 5 – dice Massafra – i bacini occupazionali sono l’unica vera forma di difesa del sistema produttivo territoriale.
Bacino occupazionale ma non solo.
L’ILVA non si salva a colpi di decreto – dice nell’assemblea Massafra – perché questa realtà si può garantire sono se si compiono scelte coraggiose che puntino sulla trasformazione di un modello di sviluppo tutto basato su qualità e innovazione e dunque affrontando il tema degli appalti, affidando a questi criteri la selezione delle imprese o non facendo riferimento esclusivamente a quale registro delle imprese sono iscritte.
Temi che per Massafra vanno accolti come parte integrante delle politiche governative sul futuro industriale del paese e di Taranto in particolare.
Qualità e innovazione che per la CGIL significano anche legalità, rispetto dei contratti e delle condizioni di sicurezza.
Non a caso il maggior numero di infortuni si consuma da sempre nel sistema degli appalti – dice Massafra, anticipando gli interventi di alcuni lavoratori.
Noi dentro l’ILVA siamo quelli che fanno lavori più sporchi e difficili – conferma Gregorio Gennarini, operaio della Stil Service – e siamo quelli che rischiano di rimanere fuori perché è più facile fare accordi al ribasso con aziende caso mai non sindacalizzate che non si fanno scrupoli in tema di sicurezza o salute sul lavoro.
Seguono le testimonianze dei lavoratori metalmeccanici, edili e del settore dell’energia e del servizi, e tutti sembrano rivendicare forme di tutela e garanzia.
Un impegno che la CGIL ha assunto ormai da alcuni mesi facendosi promotrice di una proposta di legge di iniziativa popolare proprio sul sistema degli appalti.
I lavoratori degli appalti che anche questa sera sono qui sono stati utilizzati come strumenti di pressione per ottenere rinnovi di appalto e per garantire più che il lavoro l’impresa – dice Gianni Forte, segretario generale della CGIL Puglia – E in tutta Italia, così come a Taranto, gli appalti negli anni sono stati l’ultima frontiera del lavoro povero, utilizzati come strumento per destrutturare il lavoro e per abbattere il costo della manodopera e le annesse forme di tutela e garanzia non solo dei contratti, ma anche della salute e della sicurezza. Ecco perché ripartire da una proposta di legge come la nostra significa rimettere al centro il lavoro o garantire ad esempio ai lavoratori dell’appalto ILVA, nonostante il Job Act, di conservare grazie all’introduzione di clausole sociali, diritti e tutele acquisite in duri anni di lavoro.