Il rispetto per gli altri si manifesta per tutte le forme di vita, anche quelle che possono sembrare più insignificanti. Per questo, nella stagione della spensieratezza, non dovremmo mancare di prenderci cura di coloro che dipendono da noi
L’estate, un po’ come tutte le tre restanti stagioni, presenta un duplice volto, infatti se per chi dispone di tempo e denaro l’estate è la stagione del riposo, della spensieratezza e delle vacanze, per chi non arriva alla fine del mese con il denaro disponibile, invece, l’estate diventa una stagione da affrontare così come l’inverno, cioè in emergenza.
E’ così alle fontanelle sparse nei quartieri cittadini si vedono soprattutto anziani che riempiono o un bicchiere o una bottiglia di acqua per far fronte alla calura estiva.
Già, gli anziani, sono loro la categoria più problematica per l’estate perché difficilmente i propri figli li portano con loro nei luoghi di villeggiatura e, i più fortunati, riescono a ritagliarsi un posto nelle zone termali o nei viaggi estivi riservati agli anziani e organizzati dai Comuni.
L’anziano solo è un problema di cultura e di civiltà, non può e non deve essere lasciato solo.
Eppure tutto ciò ogni anno puntualmente si ripete e le pagine dei giornali titolano a grossi caratteri il ritrovamento di cadaveri di anziani nelle loro case morti per improvvisi malori o perché avevano bisogno di qualcuno che li assistesse, ma da soli non ce l’hanno fatta.
Eppure avevano insegnato ai loro figli da bambini che non si sarebbero mai staccati tra di loro.
E’ quello dell’abbandono degli anziani un grosso problema per il quale ancora molto poco si fa, se si tiene conto che soltanto giovani volontari sacrificano le loro vacanze per dare una mano ai “nonnini” soli.
Negli anni Sessanta i giovani innamorati cantavano una canzone che diceva: “… e non ci lasceremo mai, abbiamo troppe cose insieme”. All’epoca nessuno avrebbe mai immaginato che questa canzone sarebbe tornata di attualità nelle nostre caldi estati con riferimento al rapporto che viene a troncarsi tra l’uomo e gli animali domestici che lui stesso, liberamente, ha deciso di tenersi in casa come piacevole compagnia. Abbiamo parlato di animali domestici e non soltanto con riferimento ai cani e ai gatti, ma anche agli uccelli che teniamo prigionieri nelle gabbie, ai pesciolini rossi che fanno bella mostra nei piccoli acquari casalinghi e che incantano i nostri bimbi unitamente alle tartarughine d’acqua, ai criceti, ai pappagalli parlanti e ad altri animali che ci tengono compagnia per nove mesi all’anno, perché nei mesi estivi di giugno, luglio e agosto i proprietari degli stessi cercano di collocarli presso amici o, fenomeno più triste, che è come una pugnalata al cuore, li abbandonano lungo le strade ad alta velocità incuranti del fatto che nel giro di qualche giorno i poveri cuccioli faranno la fine che certamente nessuno di loro avrebbe mai meritato.
Le statistiche parlano di una presenza in famiglia in Italia di 6 milioni e 800 mila cani e di 8 milioni e mezzo di gatti. Di questi 80 mila sono i gatti e 50 mila i cani abbandonati. Loro sì, se potessero parlare, canterebbero agli ingrati umani: “Ci avete ingannati: avevate detto che non ci saremmo mai più lasciati”. L’80 per cento di questi cani e gatti sono a rischio di maltrattamenti, di fame e di incidenti stradali.
In Italia abbiamo circa 900 mila randagi e solo 100 mila di questi sono ospitati in strutture di accoglienza e in rifugi.
Altro fenomeno sul quale riflettere è quello del traffico illegale dei cagnolini. Questi fruttano 300 milioni di euro all’anno attraverso il traffico clandestino dei cuccioli. Sono 8 mila i cuccioli venduti e comprati in maniera illegale ogni mese. Sono acquistati dai Paesi dell’Est a 60 euro e rivenduti a 1.000. Poveri cuccioli! Vengono imbottiti di farmaci, maltrattati e stipati nei Tir. Sono fenomeni tristi che dovrebbero far riflettere ogni uomo che tale si dichiara ma che nei fatti dimostra di non avere cuore.
Eppure esiste un racconto minuzioso e affascinante per quanto riguarda il rapporto plurimillenario fra l’uomo e gli animali che comparvero 500 milioni di anni fa sulla Terra e che sono sparsi nel mondo con un 1 milione di specie.
E’ la Bibbia a fornire questo racconto straordinario e avvincente che dovrebbe far riflettere a chi ancora oggi, nel Terzo Millennio, pensa di abbandonare al loro destino gli animali domestici.
A tale proposito ricordiamo che nei giorni scorsi a Taranto un medico veterinario, Leandro Borino, ha presentato il suo libro intitolato “Anima-li e Sacre Scritture (considerazioni di un medico veterinario)”. L’autore si sofferma sulla etimologia della parola “animale” che è proprio anima.
L’autore esamina in maniera dettagliata e precisa i vari libri delle Sacre Scritture dimostrando come fin dai tempi della creazione c’è stata una grande osmosi tra l’uomo e l’animale che, contrariamente a quanto si possa credere, è dotato di quel sesto senso che gli consente di allarmare l’uomo in momenti di pericoli come quello dell’avvicinarsi della tempesta o di un terremoto.
Chiudiamo questa nota con una elencazione molto significativa della presenza numerosa di animali nelle Sacre Scritture.
Così le pecore sono citate 405 volte, il bue 284, l’asino 158, i caprini 156 e una sola volta la talpa, il topo ragno, la scimmia, lo sparviero, la sanguisuga, il pavone, il piccione, il moscerino, il moscone, al lumaca, l’ippopotamo, l’ibis, il geco, la gru, il gatto, il cane, il daino, la coccinella, il cuculo, il camaleonte, la cornacchia, la balena, il bisonte e tanti altri.
Potremmo ancora continuare in questo avvincente, e drammatico al tempo stesso, viaggio attraverso il mondo animale.
Ci piace chiudere con l’immagine idilliaca del bue e dell’asinello nella grotta di Betlemme. Sono l’emblema di due gruppi distinti dell'umanità, i Giudei e i Gentili.
Vorremmo tanto che nella stagione estiva da poco iniziata questa immagine del bue e dell’asino tornasse più spesso alla nostra mente per farci toccare il cuore e non lasciare soli i nostri animali domestici ma soprattutto dei nostri nonni ai quali dobbiamo tanta riconoscenza e una parte della vita che ci hanno trasmesso attraverso i nostri genitori.