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L'isola che finalmente abbiamo

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

13
APR
2012

 

Antonio Santacroce, uno dei promotori de “L’isola che vogliamo”, spiega quali sono state le spinte a realizzare una serie di iniziative per il rilancio della città vecchia: «In pochi – dice - ci credevano, ma in tanti si sono dovuti ricredere»
 
Quando un sogno che diventa realtà : è questo ciò che Antonio Santacroce e Fabrizio Iurlano,  rispettivamente presidente e vicepresidente della associazione culturale “Terra” e organizzatori de “L'isola che vogliamo”, sono riusciti a fare con una magia a base di professionalità e amore per la città di Taranto. L'isola fatta di arte, musica e puro divertimento. A svelarci i segreti di questo incantesimo, impegno e soddisfazione, Antonio Santacroce.
 
Da dove nasce l'idea di realizzare l'isola che vogliamo?
«L'idea di realizzare questo evento nasce dalla voglia di far rivivere la città vecchia. Questo è anche uno dei primi obiettivi della nostra associazione; ci occupiamo di rivalorizzazione e promozione territoriale, e proprio da una semplice chiacchierata con Fabrizio Iurlano e con il caro Lucio Dione (scomparso lo scorso anno e che non ha bisogno di presentazioni dato il suo da sempre grande impegno nella rinascita della nostra Taranto), emerse la nostra volontà  di realizzare concretamente qualcosa per far rinascere il borgo antico. La tragica scomparsa del nostro amico Lucio, travolto in bici da un'automobile la notte del giovedì della passata Settimana Santa, ci diede ancor più la forza e la spinta per dare un impulso più rapido alla realizzazione di questo progetto che sembrava un'utopia.»
 
Possiamo senza troppa presunzione dire che è stato un grande evento. Qual è stato il mix vincente che ha trasformato le parole in fatti?
«Sicuramente, parlando con il massimo dell'umiltà, la nostra forza è stato un cocktail a base di professionalità, dato che ormai siamo impegnati nella rivalorizzazione del territorio da anni, ma anche il meraviglioso coinvolgimento da parte dell'intera popolazione e degli artisti stessi che  hanno partecipato nella maggior parte dei casi gratuitamente (a eccezione di personaggi già ampiamente affermati) e non solo: dal terzo appuntamento in poi facevano a gara pur di poter partecipare alla serata, occupando ogni angolo dell' isola.»
 
Vi aspettavate questo successo?
«No, assolutamente no. In un primo momento siamo stati scoraggiati da tantissima gente, nessuno ci credeva, le stesse istituzioni che comunque ci hanno appoggiato,  ma la titubanza era tanta. Certo, alla fine tutti si son dovuti ricredere ma gli unici, se non per qualche momento di cedimento, a non lasciare mai la presa siamo stati noi. E' stato sicuramente un successo lavorato... Non mi vergogno infatti a dire che l'ultimo mercoledì eravamo davvero sfiniti...»
 
E' stato, a parer vostro, un modo per dimostrare che a Taranto i turisti ci sono e si può iniziare a parlare di un futuro a vocazione turistica, o per lo meno che il turismo, l'arte e la cultura possano essere un'alternativa anche nella città dei due mari?
«Dare delle alternative quali l'arte, la cultura in una città come la nostra che di storia ne ha tanta credo debba essere un must e ritengo che in qualche modo ci siamo riusciti ma non posso dire che questa possa essere l'alternativa alla grande industria... Amo spesso ripetere che se non per qualche eccezione come può essere Venezia o Rimini, non esistono città che vivono solo di turismo. Per il resto questo è un campo che non ci compete e non amiamo strafare, noi facciamo il nostro...»
 
Quando avete pensato all'isola, qual'era il vostro punto di riferimento?
«In realtà crediamo sia un evento differente dagli altri, abbiamo un'esperienza ultra decennale nel settore, di certo un progetto così non lo avevamo mai realizzato, basti pensare che è stato considerato il secondo grande evento pugliese per la presenza numerica dopo “La notte della Taranta”, ma molto più difficile dal punto di vista logistico in quanto era un appuntamento che si ripeteva ogni settimana e non si esauriva nell'arco di un determinato numero di ore. Noi letteralmente montavamo e smontavamo intere postazioni perché il giovedì la città  doveva tornare alla normalità.»
 
Il mercoledì la città vecchia era invasa da cittadini, turisti e non solo... Il rapporto tra l'evento e i servizi (quali la pulizia per esempio per garantire la normalità già dal giovedì mattina, è stato produttivo?
«Sì, con certezza è bello poter dire che dalla mattina seguente dell'isola tutto ritornava come prima.
Quello che ci preme inoltre dire è che noi abbiamo restituito degli spazi dimenticati, per esempio i giardini che sono a ridosso del canal navigabile, di fronte piazza Castello che sono dei posti magnifici ormai solo un ricordo dei tarantini, così come arco San Giovanni che è diventato uno dei posti più belli dell'intero borgo o i Cantieri Maggese, che erano un laboratorio urbano mai sbocciato e ultimamente è diventato un posto che ospita la movida tarantina, e noi ne siamo più che felici, dato che era uno dei nostri obiettivi.»
 
Quali o chi sono stati i problemi che avete incontrato e come siete riusciti ad affrontarli?
«A dir la verità i problemi non sono stati tantissimi... Certo noi abbiamo cercato di dare a questa iniziativa anche una struttura esteticamente bella e inizialmente i vari ambulanti pretendevano di poter sostar in qualsiasi punto con i loro camioncini. Obbiettivamente la situazione in alcuni momenti ci è sfuggita di mano per l'eccessivo flusso di gente... Con la cittadinanza non abbiamo avuto alcun tipo di problema, anzi la stessa gente della città vecchia si è dimostrata pronta e in grado a gestire qualcosa di nuovo.»
 
Vi siete riproposti per una sola sera anche durante il periodo invernale coinvolgendo in questo caso  parte del territorio della città nuova e per il giorno di Pasquetta avete invitato la cittadinanza a rimanere in città. Cosa ci aspetta?
«E' necessario premettere che non è stata “L'isola che vogliamo”. Siamo stati invitati da Puglia Promozioni (agenzia a livello regionale che si occupa di promuovere il turismo in Puglia e ha collaborato all'organizzazione della Settimana Santa tarantina 2012) a organizzare qualcosa per la giornata di chiusura... E’ stato possibile visitare gratuita il museo di Taranto o il castello Aragonese,  villa Peripato ha ospitato giocolieri, acrobati e una serie di spettacoli che hanno coinvolto grandi e piccoli dalle ore 10,00 alle 19,00. Il borgo antico invece si è animato dalle 17,30 in poi con tre postazioni: Piazza Duomo, Piazza Fontana, Arco S. Giovanni con una serie di spettacoli e concerti...»
 
Il vostro obbiettivo è quello di far diventare l'isola una tradizione?
«Sì, noi vogliamo che a distanza di venti e più anni, indipendentemente da chi governi, si riconosca nell'isola un patrimonio della città stessa.»
 
Anche se poche, come avete risposto alle critiche negative?
«Sicuramente abbiamo cercato di recepire i messaggi e farne tesoro per migliorarci nelle future occasioni. Non è facile però riuscire a gestire tutti gli equilibri, noi questo lo riconosciamo.»
 
Cosa vi ha reso davvero soddisfatti?
«Per prima cosa i numeri, le presenze, gli abbracci e i ringraziamenti che continuamente riceviamo dalla gente di Taranto in particolar modo, per quello che siamo riusciti a fare.»
 
Il vostro grazie invece a chi va?
«A tutti, a partire dalla città, l'amministrazione che ci ha dato una grossa mano, ai nostri collaboratori, ai soci dell'associazione, alla stampa che crede molto in noi: è giusto che i meriti vadano divisi tra l'intera squadra che ha reso possibile tutto ciò.»
Per la prossima stagione estiva ci potete già assicurare lo stesso divertimento?
«Non siamo nel periodo migliore per l'organizzazione date le elezioni che si svolgeranno a maggio, ma di certo possiamo dire che ci siamo già messi a lavoro.»
 
Da tanti anni ti impegni nella rivalutazione e dello sviluppo del territorio a Taranto, data la tua esperienza generale, credi che la città sia pronta per un reale cambiamento?
«Io credo di sì. E le mie idee si basano su dati certi basti pensare che fino a qualche anno fa la maggior parte dei ragazzi andava via per studiare e raramente, terminato il percorso di studi, rientrava nella terra d'origine. Oggi la situazione è cambiata, tanti giovani, tanti talenti rimangono a Taranto, c'è più informazione, comunicazione e di conseguenza più cultura. I giovani sono sempre più attivi, informati e hanno voglia di investire praticamente nella loro terra.
Certo, è inutile prendersi in giro, il periodo di crisi c'è ed è generale ma quello che io non smetterò mai di dire è che dobbiamo lavorare per creare delle alternative e per non essere impreparati quando in un futuro prossimo il cambiamento busserà alle nostre porte. I presupposti per un futuro migliore ci sono tutti ed è da qui che dobbiamo partire.»
 


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