La corruzione morale e materiale, così come la prostituzione di cui la corruzione è un ramo cadetto, è antica quanto l’Uomo. Non è patrimonio esclusivo del nostro Paese, come si cerca di sancire per dogma, ma appartiene alla quotidianità della vita di tutti gli stati ed attiene all’unico potere che non può essere sovvertito: il potere del denaro. In qualche modo possiamo affermare che la seduzione esercitata dalla corruzione è ecumenica e trascende le latitudini, le ideologie e le differenziazioni partitiche. Ciò detto è innegabile che la fascinazione del potere corruttivo del denaro è tracimata oltre ogni misura nel nostro Paese ma, come sappiamo bene, noi siamo il Paese dell’eccesso, nel bene come nel male. Tra questi eccessi vi era in Italia anche il principio aprioristico secondo il quale la corruzione apparteneva esclusivamente all’area politica del centrodestra, mentre la sinistra indossava la toga candida dell’incorruttibile, moderna vestale custode della morale e dell’etica di un Paese sempre più in balia di Sodoma e Gomorra. In questi ultimi anni, ed in questi ultimi giorni, la sinistra italiana si sta risvegliando dal sonno verginale e sta scoprendo che anche le proprie gambe sono state aggredite dalla cancrena della corruzione. Ed è un ritorno alla realtà ancora più doloroso per i pronipoti di Gramsci che proprio in questi giorni stanno celebrando, santificandola, la figura di Enrico Berlinguer a 20 anni dalla sua tragica scomparsa. L’uomo che, in modo meritevole, aveva posto al centro della sua azione politica la “questione morale”, non potrà essere certo contento, osservandoli dai Campi Elisi, di quanto stanno combinando molti dei suoi figli politici. Ma è magra consolazione rievocare l’invito evangelico a scagliare la prima pietra se si è senza peccato. Le cronache giornalistiche di queste settimane ci offrono un quadro sempre più scoraggiante della quantità di denaro pubblico distratto per arricchimenti personali illeciti che coinvolgono livelli sempre più alti di ciò che conosciamo come la classe dirigente del Paese: imprenditori, amministratori pubblici, politici navigati, magistrati, vertici di istituti di credito fino ad arrivare alla Banca d’Italia. Trovo condivisibile l’esternazione di Matteo Renzi che ha parlato di alto tradimento. È alto tradimento nei confronti dei milioni di cittadini di questo Paese che faticano a conciliare ogni giorno il pranzo con la cena, dei milioni di ragazzi che non trovano lavoro, dei milioni di disoccupati, dei milioni di bambini che si vedono negato il diritto allo studio ed alla crescita sociale. Ancora più sconcertante, se possibile, lo sproloquio sui possibili rimedi ad una situazione ormai incontrollabile. Non voglio aggiungere le mie personali ricette ad altre saccenti proposte. Mi limito ad una banale osservazione e ad una altrettanto semplice domanda. L’osservazione è che, come al solito, in Italia chiudiamo la stalla quando i buoi sono già usciti, mentre sarebbe molto più saggio, come in medicina, prevenire piuttosto che curare. Banale come dicevo, ma non lo si fa mai. La domanda invece riguarda i controlli. Abbiamo un corpo militare molto efficiente che è la Guardia di Finanza e che interviene a posteriori per indagare su possibili illeciti commessi. Perché non utilizzarla sin dalla fase preliminare della assegnazione degli appalti pubblici, per controllare l’integrità delle aziende partecipanti, la congruità delle offerte ed il rispetto, pena la restituzione con sanzioni pecuniarie maggiorative di tutti gli emolumenti percepiti, dei tempi di realizzazione delle opere appaltate? Sono certo che non avrò risposta.