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IL SACCO DI ROMA

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

12
DIC
2014
Nulla di nuovo sotto il cielo dell’Urbe. La storia ci ricorda che, periodicamente, i “barbari” riuscivano ad arrivare a Roma per assediarla, conquistarla e saccheggiarla per poi rientrare ricchi e (spesso) impuniti nelle loro lande desolate. La differenza, se volete, tra quanto è accaduto nei secoli dal crollo dell’Impero Romano e quanto accade oggi, anno del Signore 2014, è che i “nuovi barbari”, che stanno affamando i romani e distruggendo la Città con le loro malversazioni, sono cresciuti in casa e sono stati allevati amorevolmente nelle segreterie nazionali e periferiche di ciò che continuiamo a chiamare impropriamente partiti politici ma che, in realtà, sono delle vere e proprie scuole di truffatori tali da far impallidire la Banda Bassotti. Perché in realtà questi nuovi delinquenti sono “ominicchi” la cui statura culturale, morale e sociale è paragonabile ad un branco di luride iene, se proprio non vogliamo scomodare gli sciacalli. L’altro aspetto che caratterizza il degrado sociale a cui siamo giunti è la corruzione. Ma anche qui, mi pare, non ci troviamo dinanzi ad un fenomeno nuovo perché da sempre la razza italica è percepita come incline alla corruzione. Quel che è emerso in questi ultimi mesi e nelle ultime settimane ad ogni latitudine del Paese è la dimostrazione plastica di una involuzione di ciò che chiamavamo “coscienza civica”, oggi ribattezzata da molti osservatori “coscienza cinica”. Per usare una similitudine piuttosto calzante, la nostra gente è sempre più simile ad un corpo gravemente malato che non reagisce più alle terapie. Il senso di appartenenza ad una comunità che si ritrovava in valori condivisi quali lo Stato, le Istituzioni, l’animo profondamente religioso, la tutela delle nuove generazioni, la sacralità della Famiglia come nucleo fondante della nostra Società, si è disciolto come neve al sole lasciandoci un vuoto di etica e morale che rappresentavano il collante indispensabile per una comunità di uomini e donne che, per secoli, ha vissuto di individualismo e di campanilismo, gli uni contro gli altri armati: nord contro sud, destra contro sinistra, regioni contro regioni, città contro città. Una corsa folle ed disperata verso l’autodistruzione. Se è vero che non ci sono colpevoli più e colpevoli meno, è altrettanto vero che certa pseudo cultura libertaria portata alle estreme conseguenze ha inferto un colpo mortale alla preservazione della nostra identità. Così abbiamo aperto indiscriminatamente le nostre frontiere a genti che disprezzano la nostra cultura, la nostra civiltà, la nostra fede religiosa. Arriviamo alla follia di proibire l’esposizione del Crocifisso nei luoghi pubblici, di proibire l’allestimento del Presepe nelle Scuole, privilegiamo gli extracomunitari nella tutela dei loro diritti sociali (casa, scuola, sanità e chi più ne ha più ne metta) a scapito dei nostri concittadini, soprattutto le fasce più deboli (pensionati, bambini, famiglie disagiate), diamo ospitalità e tutti i privilegi ai Rom che sono stati cacciati dai loro paesi d’origine (leggi Romania) perché refrattari a ogni inserimento nella società civile e gli permettiamo di vivere ai limiti della legalità quando, ed è il più delle volte, non vivono nell’aperta illegalità. La paurosa assenza di regole e di Stato, con una giustizia allo sbando e molto spesso strabica, il lassismo degli enti pubblici, l’inefficienza delle strutture sanitarie, della Scuola, l’isolamento a cui sono state condannate le forze dell’ordine, hanno spinto la gran parte della popolazione a riscoprire l’arte di arrangiarsi, sicchè in questo stato di deregulation assoluta l’animo truffaldino di coloro i quali detengono le leve del potere hanno prosperato e continuano a prosperare a scapito del bene comune. Non possiamo consolarci neanche pensando che le nuove generazioni possano essere migliori, perché l’esempio che gli diamo è aberrante. Siamo un Paese senza speranza, un Paese senza futuro.
 


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