La semantica nasconde tesori spesso inesplorati, gemme grezze, che abbisognano solo di una sapiente osservazione per essere valorizzate. Così, ricoperto dai bozzi della disfatta dell’avvocatura di base alle recentissime elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di base, il vostro affezionatissimo scriba si rimette alla tastiera e scippa minuti preziosi per parlarvi del “lurking”. La premessa è doverosa: ci muoviamo sugli scivolosi ed instabili territori del vago e dell’indefinito. Con il termine “lurkare” si intende quell’atteggiamento di chi, utilizzando un profilo social, spia tutti i profili degli altri, per poi spesso utilizzare il proprio solo per dire quanto lo tedia la visita di quei profili. E’ uno dei paradossi della contemporaneità. I lurkers sono soggetti strani, che scrivono su facebook “mamma mia, quanto odio le persone che scrivono su facebook”, e infatti, proprio loro, lo scrivono su facebook.
Un tempo, quando ero vecchio e saggio, ridevo o deridevo i lurkers, ma oggi, che sono solo saggio, comprendo che questa strana scienza del contraddittorio è una delle cifre della nostra epoca. Siamo diventati giganteschi amplificatori di cazzate, ma ci dimentichiamo troppo spesso che la ragione è una nicchia, un rifugio per pochi, mentre l’illogicità è il sicuro bordello neurale in cui trovano ospitalità le mandrie di giovani e decrepiti derelitti del pensiero umano. Ok, sto divagando, come diceva quello, ma il lettore attento non potrà dolersi di una rubrica periodica in cui l’autore, strambo e strampalato, utilizzi le righe a sua disposizione per trasferire nel pezzo da consegnare in redazione un po’ di quel mondo capovolto che balena dalle sue parti. Ok basta, torno all’articolo, torno ai lurkers, alle loro sublimi e fastidiose ellissi. Il lurker in genere utilizza un altro trucco per rappresentarsi a se stesso come qualcuno, sfuggendo alla realtà, che lo qualifica come Stockhausen. Si tratta di quei post in cui l’assioma di partenza è che egli sia il paradigma della moralità. “Vi credete qualcuno, ma non siete nessuno”, verga con animo colmo di solenne sdegno, e tutti i nessuno che ha tra i suoi contatti si affrettano a condividere, per diventare, ipso facto, esponenti di quella schiatta dei qualcuno che possono permettersi di giudicare i nessuno. E’ così che il gregge dei nessuno si ingrossa, mentre i qualcuno strusciano la schiena pelosa contro il tronco resinoso di un albero dal nome ignoto, per mostrare, sbadigliando senza sosta, quanto gli interessi di questa categorica esaltazione dell’ego altrui.
“Prima di giudicare gli altri, mettetevi nei loro panni”, è un’altra delle pezze d’appoggio che va più forte nel settore merceologico “minutaglie e ossi di seppia”. Il lurker è così: pezzente, ma signore, discreto ed impiccione, taciturno e pettegolo. Il lurker è l’individuo che non ha nulla da dire, ma odia così tanto il dire altrui che proprio non può fare a meno di dirlo. In uno dei miei superbi post su facebook, ovviamente scansato dai lurker come uno specchio ustorio, ho definito il tipo come il guardone del terzo millennio. E’ così, un lurker osserva per sempre, sa tutto della tua vita e mentre ti fa seguire in ogni dove, rammaricandosi di non avere una telecamera puntata sulle tue abluzioni mattutine, in orari strategici posta un bel “ma chi vi pensa? Scendete dal piedistallo, che nessuno vi considera”. Al che scattano ovazioni da parte di altri lurkers, che stanno tutto il giorno a considerare gli altri, di cui hanno contato anche i capelli, inclusi quelli che cascano nel lavandino dopo ogni lavanda.
E’ così, siamo grossi e grassi puntini, disseminati nell’universo, un universo immenso in cui lurkando ci si illumina, o forse no.