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Tappa mangereccia/Il "vuccir" di una volta

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

2
MAG
2014
Questa settimana i ragazzi del “Da Vinci” hanno incontrato e intervistato Vito Serio, un’istituzione della gastronomia martinese, titolare di una macelleria dove si può mangiare carne al fornello. Scordatevi le posate: è un posto dove non si va troppo per il sottile, ma la lista d’attesa è di minimo tre mesi
 
Impeccabile nel suo abbigliamento da “vuccìr” (macellaio), Vito Serio gestisce un’attività commerciale che rappresenta una tappa culinaria molto gettonata da turisti e non, nei pressi di una delle antiche porte d’ingresso della città, l’Arco di Santo Stefano.
 
Signor Vito, come mai ha deciso di aprire una macelleria?
«La scelta è stata quasi obbligata perché ho rilevato l'attività di famiglia, ma non è stato per me un sacrificio anzi con orgoglio gestisco da anni quest’attività conseguendo sempre grandi soddisfazioni».
Lavora da solo o qualcuno collabora con lei nell’attività?
«In macelleria lavoro solo io, mentre ho assegnato a mio nipote Gianfranco il compito di gestire il calendario delle prenotazioni per degustare la “carne al fornello” (carne cotta nel forno a legna) direttamente in macelleria. Il martedì e il sabato sera i clienti possono mangiare la carne cotta da me nel forno a legna costruito ben novantatre anni fa. I tempi di attesa per le prenotazioni sono mediamente di tre mesi».
Data la dimensione del locale e l’assenza di sedie, una domanda sorge spontanea: ma dove mangiano i clienti?
«I clienti mangiano nella stanza adiacente, massimo 27 commensali per volta, tutti insieme in piedi senza piatti e posate, tutto all’insegna della frugalità, chi vuole stoviglie, bibite e companatico se li porta da casa. La carne non appena sfornata viene servita nel cartoccio su quest’unico tavolone e subito s’inizia a mangiare arrivando anche a “ fregare ” il boccone migliore al compagno». 
Ma non le converrebbe ampliare il locale, così potrebbe ospitare più clienti per volta?
«Data la frugalità di degustazione ruotano circa quattro turni ogni martedì e sabato sera. Tuttavia se uno vuole, può prenotare anche al di fuori dei giorni di routine pagando un extra. E poi ingrandire il locale non se ne parla proprio! La caratteristica è questa, si snaturerebbe la tradizione. Inoltre si può prenotare la carne arrostita da asporto e mangiarla a casa, ma vi assicuro non ha più lo stesso sapore».
Lei quindi è molto attaccato alle tradizioni, non è vero? 
«Non sono il solo. Un poeta locale, Giovanni Nardelli ha composto una poesia in vernacolo nella quale si descrive una serata trascorsa qui a mangiare e brindare “a salòute du salvasudde”».
 


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