Qualcosa sul Sanremo appena smaliziato, tra bisnonne, operai appesi e rapper lacrimosi. E la Puglia si è fatta valere
A febbraio 2014 grazie alla RAI e la città di Sanremo, l’Italia torna a canticchiare sotto la doccia, nonostante le intemperie politiche, il futuro incerto e le partite di pallone contagiose. In barba alle critiche sempre più attente a scovare il pelo nell’Ariston, il Belpaese non rimane impassibile dinanzi al rito televisivo della canzone nostrana. Sono trascorsi 64 anni dal primo Festival e diversi vecchietti ricordano le melodie storiche, mendicando nuovi motivetti da fischiettare mentre fanno bricolage. In effetti, i testi di oggi sono più profondi, non parlano solo d’amore e li memorizziamo a malapena. Eppure Fazio ci crede, mattatore come l’anno scorso, pacato e maldestro, in coppia con la caustica Luciana Littizzetto, sempre pronta ad abbattere i personaggi dai piedistallo o le Vip dai tacchi monumentali. Sanremo è stata definita una kermesse noiosa, dagli ospiti troppo matusa per sensibilizzare gli sbarbatelli (vedi la titanica Franca Valeri classe 1920, Gino Paoli senza badante, Renzo Arbore o’ sarracino, la Carrà ancora sulla breccia, le bisnonne Kessler ); uno sprazzo di un ottimo Ligabue alla genovese e tra i big internazionali strapagati anche giovani come Nutini coinvolti a malapena. Dal “canto di troppi” è stato un mezzo flop, non solo in base ai circa 3 milioni di spettatori in meno rispetto al 2013. Le canzoni sono sembrate solo una scusa per dare libero sfogo a momenti di spot e intrattenimento. A parte il calderone dei big che li divideva tra super quotati (vedi Ron, Renga, Cristiano De Andrè e la Ruggero) e le promesse (vedi Noemi, Sarcina, Arisa, Gualazzi e Rubino) c’erano le nuove proposte da far conoscere al pubblico! Eppure la maggior parte della gente non le ha sentite a causa dell’orario improponibile in cui si sono esibite. In particolare la prima sera per far spazio a Laetitia Casta, Beatrice dell’amore platonico di un Fazio filo dantesco. Peccato perché la RAI negli ultimi anni ha fatto passi giganteschi per la professionalità delle maestranze e la qualità delle strutture tecniche. Come un viaggio entusiasmante, ma “Controvento”, titolo, manco a dirlo, della canzone interpretata da Arisa, vincitrice tra i big. Questo Sanremo sembrerebbe una macchina perfetta, senza imprevisti, a parte la protesta dei due operai appesi alla balaustra per disperazione. Questo Sanremo ha snocciolato il classico repertorio melodico servendosi comunque di una orchestra fantastica, ha proposto un fighissimo flashmob di voci classiche celate tra il pubblico e gli addetti ai lavori, ha dato grande sfogo a Pif, talento cinematografico che ha proposto una intro pre-festival girata dietro le quinte. Questo Sanremo ha accettato sul suo palco prestigioso anche le etichette discografiche meno blasonate, come la Mescal dalla quale provengono gli stuzzicanti Perturbazione. In effetti, c’è molta roba buona tra gli indipendenti, ma tutto sta nell’accettare una consacrazione non di nicchia. A mio avviso non è tutto già visto e sentito come tuonano gli opinionisti scettici. Quest’anno ha versato qualche lacrimuccia solo il giovanissimo rapper Rocco Hunt, vincitore partenopeo tra le nuove proposte col brano dal testo incisivo “Nu juorn buon”. Conclusione? I fiori profumano anche quest’anno e le radio ci daranno ragione. Nello specifico, nemmeno la nostra amata Puglia è rimasta a guardare. Tra i degni rappresentanti, quest’anno annoveriamo il martinese Renzo Rubino definito dalla critica un giovane fuoriclasse che non ha tradito le aspettative col brano “Ora” contenuto nel disco “Secondo Rubino”, unendo con maestria classico e moderno. Tra le nuove proposte, è arrivato in finale anche il tarantino Diodato, cantando la sua “Babilonia” con voce carezzevole e tanta grinta nel finale. Una canzone dal testo recondito e sound altalenante mescolato al pop-rock già apprezzato nel disco “E forse sono pazzo”. Di questi due ne sentiremo delle belle e meno male! Questo Sanremo è stato troppo saturo d’arte variabile, ma si spera che indimenticabili diventino alcune canzoni. Fazio ha scelto a tavolino la “bellezza” come tema cardine delle serate, ma la bellezza è qualcosa che accade sorprendendo. La bellezza è l’imprevisto dettaglio colorato su di un sipario in scala di grigi. La bellezza è dare a Sanremo quel che è di Sanremo, tornando a stupire la gente come non si stupisce da anni. Più musica e meno messinscena perché della plastica abbiamo colme le tasche.