The best is yet to come, il meglio deve ancora venire: lo cantava Frank Sinatra e lo diceva l’altro giorno Barack Obama subito dopo la conferma del mandato presidenziale. E noi ci crediamo volentieri, nonostante l’America sia lontana, lontanissima, quasi aliena. Non che sia la terra promessa, per carità, ma in questo momento, da quel pianeta compreso tra una costa e l’altra ci arrivano echi di parole come amore, carità, patriottismo e impegno comune a cui potremmo finire anche per credere. Traslando le stesse parole in bocca ai politici italiani, l’effetto orticaria sugli ascoltatori sarebbe assicurato: perché anche qui risuona il four more years, sì, ma di galera. E non c’è da stupirsi poi se le urne gridano il nome di un movimento che ha fatto dell’antipolitica manicheista il suo leit motiv. Detesto Grillo, i suoi modi da televenditore, la voce sgraziata, le smorfie da maschera patetica. Il padre-padrone del M5s, nell’abbondante vendemmia elettorale nel vigneto dei delusi bipartisan, ha provveduto a coniare un linguaggio infarcito dell’aggettivo-sostantivo “cittadino”, ribattezzando cariche e istituzioni: sembra di essere tornati al periodo della Rivoluzione francese, sì, ma con un ritardo sociologico tutto italico di oltre due secoli. Ah, les italiens. Non mi stupirei se il novello Imbonitore rinominasse anche il calendario e il sistema metrico decimale, nel tentativo di liberare il Paese dalle superstizioni e dalla tirannia dell’organizzazione attuale dello Stato. Eppure i grillini sono spesso migliori di Grillo e anche il programma del movimento offre spunti interessanti di riflessione, tanto da farci quasi dimenticare l’arruffianata a Di Pietro, proposto come Presidente della Repubblica. I voti orfani dell’ex magistrato sul viale del tramonto fanno gola a quella volpe di Grillo, ma il prezzo da pagare è ridicolo. E si capisce così anche l’accanimento contro i media tradizionali a favore del web, regno indiscusso del Movimento e del suo leader, che nella Rete ci sguazza come il Fantasma dell’Opera nei sotterranei del Teatro di Parigi. Certo, gli piacerebbe che le sorti della carta stampata e della tv fossero inversamente proporzionali a quelle di Internet: come se tutti possedessero gli strumenti cognitivi per un’informazione fai da te, da montare come un mobile Ikea, fra un video girato con il telefonino e un commento su Twitter, magari il suo.
Eppure il meglio deve ancora venire. Lo cantano anche le galline di Raffele Lombardo, l’ex presidente della regione Sicilia, attaccato oltremodo alle sue pennute tanto da utilizzare i mezzi della scorta per trasportarle dalla residenza palermitana a quella catanese dopo l’exploit di Crocetta. Quando il van Mercedes (con tutto il suo contenuto non proprio istituzionale) è risultato troppo visibile per il trasloco, allora Lombardo ha completato l’operazione con un’utilitaria della polizia. Pare che siano stati necessari tre lavaggi per cancellare l’olezzo delle galline dall’auto. Voilà, tra grilli e galline il bestiario è completo.